Ieri è stato il giorno del ricordo di Paolo Borsellino, il magistrato palermitano rimasto ucciso 25 anni fa nella strage di Via D’Amelio, esattamente 57 giorni dopo l’uccisione dell’amico e collega Giovanni Falcone. Una data certamente dolorosa soprattutto per la figlia minore di Borsellino, Fiammetta, che sostenuta dall’intera famiglia, ha puntato il dito contro la procura di Caltanissetta, rea di aver gettato al vento 25 anni con quei “pentiti costruiti a tavolino tra lusinghe e torture” culminando poi in quello che ha definito “uno dei più colossali errori giudiziari”. Il riferimento è al recente processo di revisione che ha assolto tutti gli imputati. Un doppio processo condotto dalla procura nissena e nel quale fu ricostruita la strage di Via D’Amelio in cui perse la vita il padre e la sua scorta, basandosi sulle false dichiarazioni del pentito Vincenzo Scarantino e contribuendo in tal modo a “nascondere verità inconfessabili”. Fiammetta, come riferisce La Stampa ha dunque puntato il dito anche contro i magistrati, a partire da Nino Di Matteo, il pm che prese parte al processo sulla trattativa Stato-Mafia e che in passato si giustificò avanzando la sua giovane età ed inesperienza.
PAOLO BORSELLINO, 25 ANNI DOPO: ANCORA MISTERI E DEPISTAGGI
LA FIGLIA FIAMMETTA CONTRO LA PROCURA NISSENA
A 25 anni dall’assassinio di Paolo Borsellino, vittima dell’attentato messo a segno da Cosa Nostra, non solo le figlie ma anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è tornato con forza a chiedere giustizia. Anche lui ha riconosciuto la presenza di “troppi errori in ricerca della verità”. Ad oggi, infatti, non sono ancora stati individuati i veri responsabili della strage lasciando nel caso numerosi interrogativi. Per la figlia Fiammetta, gli anni trascorsi dalla morte del padre, trucidato con 90 chili di tritolo, sono stati letteralmente “buttati al vento” a causa dei numerosi depistaggi intervenuti sia nelle indagini che nei processi. Sono stati “25 anni di schifezze e menzogne”, quelli indicati da Fiammetta. La morte di Paolo Borsellino resta così ancora avvolta nel più fitto mistero. A farla da padrona sono i numerosi depistaggi, le bugie, le ingerenze di servizi deviati dello Stato e poi quei misteri irrisolti a partire dalla sparizione dell’agenda rossa del magistrato dalla quale era solito non staccarsene mai. Una richiesta di giustizia diffusa, ribadita anche dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, che ha avvalorato “la necessità di fare luce piena su quegli eventi di sangue, fino in fondo e senza temere lo scorrere del tempo”.