Con data 5 settembre 2016 i vescovi di Buenos Aires hanno preparato per i loro sacerdoti un testo esplicativo di Amoris Laetitia dal titolo “Criteri di base per l’applicazione del capitolo VIII di Amoris Laetitia“. Il testo è stato inviato al Papa e questi, con la stessa data, cioè il medesimo giorno 5 settembre 2016, ha scritto loro una lettera di ringraziamento nella quale dice: “Il testo è molto buono e spiega in modo eccellente il capitolo VIII di Amoris Laetitia. Non c’è altra interpretazione. Sono sicuro che farà molto bene”.
Il capitolo VIII di Amoris Laetitia è ormai passato alla storia come il capitolo sulla “comunione ai divorziati risposati”. È su di essa che, fin da subito, si sono accavallate le più diverse letture con posizioni a volte molto accese. Per cercare di rendere comprensibile ai non addetti ai lavori il dibattito in corso nella Chiesa, sul mio blog “Come Gesù” ho racchiuso le interpretazioni sull’ultima esortazione papale in quattro gruppi. Uno è quello dei decisamente contrari ad Amoris Laetitia: nei suoi rappresentanti più estremisti sostiene che, sebbene formalmente il successore di Pietro dica il contrario, in realtà Papa Francesco desideri cambiare la dottrina della Chiesa sul matrimonio: in pratica, secondo loro, la “vera” indissolubilità non esiste più. Non sono solo i lefebvriani a sostenerlo ma anche diversi cattolici “rigorosi” che, per non cadere nell’ossimoro di dover dire che il “Papa è eretico” giungono a sostenere che Amoris Laetitia non abbia il rango di magistero papale. Un secondo gruppo si limita ad offrire discorsi generali plaudenti, o sintesi del documento e puntualizzazioni dottrinali senza però entrare nel merito del capitolo ottavo. Un terzo gruppo è semplicemente “entusiasta” delle “novità” e dice sostanzialmente: era da anni che davamo la comunione ai divorziati risposati e, finalmente, ora anche il Papa dice che si può fare. Esiste poi un quarto gruppo, quello meno numeroso, che sottolinea con argomentazioni a volte impegnative che Papa Francesco non cambia la dottrina sul matrimonio ma cambia invece l’impostazione pastorale dei cristiani: che sarebbe poi il famoso “discernimento”, ovvero il vedere caso per caso come fare ad integrare le singole persone nella comunione con Cristo.
Com’era ovvio attendersi, il documento dei vescovi di Buenos Aires è secondo quest’ultima linea. I consigli che i vescovi di Buenos Aires danno ai loro sacerdoti in ordine all’applicazione del capitolo VIII si riassumono in una paginetta: dieci punti, semplici, che cercherò di riassumere nelle prossime righe anche con meno parole.
È importantissimo, in primo luogo, aver chiaro che non si tratta di sostituire un meccanismo con un altro meccanismo. Per questo — punto 1 — non è opportuno parlare di “permesso” per accedere ai sacramenti. È una cosa molto molto importante: non è che prima, con Familiaris Consortio per esempio, il permesso di dare la comunione ai divorziati che sono in una nuova unione era negato e ora invece, con Amoris Laetitia, il permesso è dato. Non è così. Semplicemente Amoris Laetitia spinge ad operare un processo di discernimento che sarà diverso caso per caso. Questo processo — punto 4 — non è affatto scontato che termini sempre con l’accesso al sacramento della confessione e quindi dell’eucarestia. Può anche avvenire che l’integrazione avvenga a livello di coro, di volontariato o di gruppo di preghiera.
È vero però che qualche volta potrà anche essere possibile far confessare e comunicare il divorziato che è in una “nuova unione” (ovviamente il documento dei vescovi non usa mai l’espressione “risposato” che tecnicamente è per un cattolico qualcosa di non possibile). Quando si darà questa possibilità? Nel documento vengono offerti degli spunti di riflessione che non devono essere presi come un’elencazione esaustiva né in senso positivo né in senso negativo. La cornice — parrebbe di capire — è quella di proporre in ogni caso di vivere astenendosi dai rapporti sessuali (p. 5). Qualora però la coppia temesse che vivendo “come fratello e sorella” si potrebbe incorrere in un disordine esistenziale che finirebbe per mettere in pericolo il bene di eventuali figli, il processo di discernimento — che in ogni caso non è mai definitivo (p. 10) — potrebbe continuare.
Questa ulteriore apertura pastorale — che sarebbe possibile quando determinate circostanze personali attenuano radicalmente la responsabilità e la colpevolezza — non deve mai essere intesa come una facilitazione ad ogni costo (p. 7). Sarebbe così, se non si valutasse con grande attenzione la circostanza di chi viene “da un recente divorzio” o “la situazione di chi è ripetutamente venuto meno ai propri impegni familiari”; o, ancora, quando c’è una sorta di apologia o di ostentazione della propria situazione “come se facesse parte dell’ ideale cristiano”. Infine, e questo è l’ultimo punto, si deve tener in conto il rischio di scandalo della comunità ecclesiale: anche se, si aggiunge subito (p. 9), una comunità che fosse così chiusa andrebbe adeguatamente stimolata ad un’adeguata capacità di comprensione e di accoglienza.
Quello che ho appena terminata è una silloge breve anche se piuttosto esaustiva: giusto per incoraggiare alla completa lettura del documento.
C’è da aggiungere che il documento non sarebbe uscito probabilmente dal ristretto giro degli “addetti ai lavori” se non ci fosse stata l’eccezionale circostanza per cui il Papa ha, il medesimo giorno, lodato il lavoro dei vescovi di Buenos Aires: “il testo — ha scritto il Papa — è molto buono e spiega in modo eccellente il capitolo VIII di Amoris laetitia. Non c’è altra interpretazione”.
“Non c’è altra interpretazione” è espressione che suona come definitiva e che lo è. E sono parole molto forti sulle labbra di un pontefice che non ha mai avuto paura ad utilizzare espressioni di apertura e di comprensione. Non è difficile leggere dietro questa nettezza il desiderio di rispondere a chi, in questi mesi, ha scritto al Pontefice perché desse lui stesso l’interpretazione autentica delle parti di un documento che, a loro parere, era “per lo meno confuso”. Quest’estate, per esempio, è circolato un documento di critica al documento redatto da 45 tra filosofi e teologi, che chiedeva a 218 cardinali e patriarchi di intervenire presso Papa Francesco perché ritirasse o correggesse le proposizioni a loro parere confuse o erronee contenute in Amoris Laetitia; e corre voce che qualche cardinale si sia rivolto al Papa in tal senso argomentando che “Amoris Laetitia sta distruggendo la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio”.
Non mi sembra peregrino ritenere che Francesco, non volendo fare direttamente nessuna “interpretazione autentica del suo documento” (azione che a mio parere sarebbe del tutto contraria allo stile del suo pontificato), abbia colto l’occasione offertagli dei vescovi della città da cui proviene, per far intendere chiaramente come desidera venga interpretata Amoris Laetitia. Servirà ad acquietare le acque? Non credo. Come dice il proverbio: non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.