Ha fatto bene Antonio Intiglietta a riportare l’attenzione sull’importante tema dell’housing sociale e del problema “casa” che riguarda molti italiani.
Ance, Ancab-Legacoop, Ancpl-Legacoop, Federabitazione Confcooperative, Agci-Abitazione, Aniem, Federlavoro e Servizi-Confcooperative sono disponibili a lavorare con il governo, le regioni e gli enti locali e a impiegare la propria rete imprenditoriale per assicurare la realizzazione del Piano casa e il conseguimento dei suoi obiettivi.
È questo il senso dell’intesa firmata nelle scorse settimane a Roma dalle associazioni degli operatori: una sfida importante, nella quale è vitale che i Comuni e gli Enti Locali collaborino per garantire concretezza al progetto.
È stata anche annunciata l’intenzione di istituire una Fondazione per accogliere i vari protagonisti dell’edilizia. I costruttori vorrebbero avere il 60% degli alloggi destinati all’edilizia libera, mentre il 40% della totalità delle case previste dal Piano casa andrebbe all’edilizia agevolata.
Per quanto riguarda le stime del piano, rivolto all’incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo e destinato alle categorie sociali con disagio abitativo, la potenzialità costruttiva degli alloggi può partire da 20 mila e arrivare a 100/110 mila. Il Sistema integrato di Fondi immobiliari (Sif) che finanzierà il Piano casa disporrà, secondo le stime dei costruttori, di un iniziale miliardo di euro (250 milioni dalle Fondazioni bancarie, 150 dal cofinanziamento statale e 600 dalla Cassa Depositi e Prestiti-CDP), che potrebbe salire a 3 miliardi e 300 mila euro grazie al fondo istituito presso il ministero, 700 milioni per l’edilizia sociale, e al cofinanziamento privato, altri 1.600 milioni.
Un fondo immobiliare etico, alimentato sia dalla sottoscrizione di quote del capitale sia dal conferimento di beni immobili, finalizzato alla realizzazione di un progetto di housing sociale che punta alla costruzione di 30 mila alloggi in 10 anni da concedere in locazione a canoni variabili tra i 350 ed i 700 euro al mese. È questa la proposta dell’Associazione delle Cooperative di Abitanti aderenti a Legacoop come risposta al problema della disponibilità di alloggi per le fasce sociali più deboli nel corso dell’annuale assemblea a Roma.
Un progetto ambizioso la cui realizzazione implica un ruolo attivo da parte di più soggetti: dai comuni che potrebbero garantire l’assegnazione di aree pubbliche a costo zero o simbolico e ridurre gli oneri di urbanizzazione, alle regioni che possono erogare contributi alle cooperative, all’Unione Europea con i fondi strutturali di sviluppo regionale. Non solo, c’è spazio anche per agli investitori istituzionali, per le fondazioni bancarie, le banche di investimento, le Società di Gestione del Risparmio, i fondi pensione, le assicurazioni e naturalmente le cooperative di Legacoop ed i loro strumenti finanziari.
Il progetto prevede che le quote del fondo siano sottoscritte mediante versamento di un importo corrispondente al valore delle quote di partecipazione oppure mediante conferimento di beni. Il fondo stesso dovrebbe poi reinvestire una parte dei proventi realizzati, distribuendo la parte residua e potrebbe assumere prestiti sino al 60% del valore degli immobili, dei diritti reali immobiliari e delle partecipazioni in società immobiliari per effettuare valorizzazioni dei beni in cui il fondo è investito.
(Luciano Caffini, Presidente di Ancab-Legacoop)