In Italia ci potranno essere direttori e manager stranieri a gestire i Musei pubblici: la parola ultima e definitiva arriva dal Consiglio di Stato dopo un iter e le discussioni durate per mesi. L’Adunanza plenaria ha di fatto ribaltato la sentenza del Tar accogliendo invece il ricorso del Ministero dei Beni e Attività Culturali sul caso sollevato alla sovrintendente di Parma, Giovanna Paolozzi Maiorca Strozzi, sulla nomina per concorso di Peter Assmann a direttore del Palazzo Ducale di Mantova. Per il Consiglio di Stato «Assmann aveva diritto a concorrere e ad essere scelto perchè la normativa UE (articolo 45 del Trattato di Roma) non consente di escludere un cittadino dell’Unione europea da una selezione pubblica». Non solo il direttore di Palazzo Ducale ma ora anche tutti gli altri direttori – in attesa della sentenza e in “pendenza” da quando il Tar aveva bocciato la nomina ufficiale del Mibact – hanno pieno diritto di svolgere il proprio compito e dovere dopo anni di sentenze (e discussioni) contraddittorie e ricche di cavilli complicati. Tutto nacque con la riforma dell’ex ministro Dario Franceschini che di fatto prevedeva l’autonomia di 30 fra musei e siti archeologici nel convocare un Concorso pubblico con bando internazionale. Tra questi figuravano Brera, Uffizi, Capodimonte, Paestum e appunto il palazzo Ducale che videro la conquista e la nomina del prestigioso posto di direzione.
RIBALTATA LA SENTENZA DEL TAR SUL CASO DI MANTOVA
Questo però non piacque alla attuale sovrintendente – e non solo – del museo di Parma che si appellò alla possibilità di avere una direzione dei musei pubblici legata a nomi italiani. In prima istanza il Tar del Lazio aveva dato ragione a Giovanna Paolozzi Strozzi ma oggi il Consiglio di Stato si è riunito per decidere dando torto al Tar e ragione ad Assmann e agli altri direttori stranieri: «Dopo anni di ricorsi e sentenze si chiude definitivamente la vicenda dei direttori stranieri nei musei con il via libera di oggi del Consiglio di Stato. Grazie a tutti i direttori italiani e stranieri che ora potranno continuare il loro lavoro straordinario», scrive l’ex ministro Franceschini in un tweet. Si chiude così anche una parentesi poco lodevole in una vicenda che metteva in discussione non le qualità, i meriti o le competenze dei direttori ma solamente la loro provenienza anagrafica e territoriale. «Cosa vuole, è una sorpresa amara, io del Tar non avevo mai sentito parlare», aveva risposto così il diretto interessato Assmann (Austriaco e luminare della storia dell’arte europea) un anno fa dopo la sentenza del Tar. Giusto per far capire come spesso la comunità internazionale non comprende, a ragione, la complicazione della “burocrazia italiana” che riesce a perdersi in un bicchier d’acqua e per diversi anni (la vicenda è durata due anni e mezzo) dietro ad un non-problema.