Non è scontato che fare gli auguri ad una donna l’8 marzo sia una bella cosa. Trovi quella che ti dice che è solo una festa consumistica come ormai tutte le feste. Quella che ti dice che la festa della donna è tutti i giorni e che non ha bisogno di un giorno preciso e anzi che se le fai gli auguri un giorno preciso è perché gli altri giorni la schiavizzi. Quella che ti dice che ricorda tante battaglie già vinte ma che tante altre ne rimangono da fare. Quella che ti dice che è una vestigia veterofemminista e che le donne ora vogliono altro, sono altro. Quella che ti dice che ormai noi donne abbiamo tutto e che da festeggiare non c’è molto perché siamo felici così.
Ma intanto ai semafori nelle mani dei venditori abusivi le mimose prendono il posto degli accendini, quindi oso dire che la festa c’è, c’è ancora e, secondo me, è bello che ci sia.
Non sempre il significato della festa della donna è sul lato rivendicativo dei diritti o celebrativo delle vittorie ma sempre, secondo me, dovrebbe essere un momento di riflessione perché, poi, riflettere sulla donna è un bel modo di riflettere. Perché più che riflettere sul mondo è riflettere sull’origine del mondo.
La festa della donna non so quanto sia femminista, radicale e comunista come sostengono in molti, ma di certo è una festa laica. In ogni caso, che il Vaticano la festeggi con il festival di narrazioni al femminile “Voices of Faith” è una notizia bella per diversi motivi.
Il più importante è perché sottolinea che per un cattolico non esiste “un mondo cattolico”: per un cattolico tutto il mondo è “cattolico”, perché tutto il mondo è affare di Dio, è per Dio.
A noi cattolici del mondo piace tutto perché tutto ci parla di Dio: la creazione, l’uomo e la donna, tutta la storia passata e tutto il presente e i sogni, i desideri, i progetti che sono dell’uomo. Tutto ha cittadinanza nel cuore di un cattolico e quindi del Papa e quindi in Vaticano. Ma, insomma, fino a poco tempo fa non era così scontato che la festa della donna trovasse spazio tra le celebrazioni del Vaticano.
Ora, alla Casina Pio IV, nel cuore della città leonina, si celebreranno le donne di fede, donne che con la loro storia personale hanno testimoniato il coraggio necessario per vivere la misericordia. Diciamo la verità, celebrare il giubileo della misericordia e non celebrare la donna che è la madre del perdono, dell’accoglienza, della custodia, dal bacio sul ginocchio sbucciato delle nostre mamme, non sarebbe stato possibile. O forse sì, ma sarebbe mancato qualcosa, qualcosa di importante: sarebbe mancato qualcuno, la donna.
L’8 marzo in Vaticano mi dice che essere femministe non è una targa alla memoria di un’epoca che fu, un’epoca di lotta per diritti sacrosanti e per un’uguaglianza necessaria, sostanziale per l’essere umano e per la sua dignità di creatura ancor prima che donna o uomo. L’8 marzo in Vaticano mi dice che ciò che nasce socialista o comunista o femminista e radicale per diventare nel tempo anche molto commerciale, può ancora essere riempito di senso cristiano. Può essere addirittura l’occasione per parlare di coraggio e di misericordia e di come queste due potenti virtù dell’uomo siano state coniugate in figure straordinarie di donne moderne. Un bel modo davvero di celebrare il Giubileo della Misericordia.