Il 21 aprile si celebra Sant’Anselmo. Quella del santo è una delle figure più grandi della chiesa cattolica e anglicana, una di quelle figure che desta la medesima devozione tanto nei seguaci della Chiesa di Roma che in quelli della Chiesa Inglese. Le sue origini sono italiane: nacque infatti ad Aosta nel 1033. Sua madre era una donna pia e devota, mentre suo padre era un uomo materialista, che badava solo alle cose terrene.
Il piccolo Anselmo assomigliava di più a sua madre, e fin dalla più tenera età rimase incuriosito dalle cose spirituali. Nella sua ingenuità infantile, credeva che Dio dimorasse sulla cima delle montagne. Era anche una creatura molto fragile, affetta spesso da malattie psicosomatiche. Fu sua madre, con amore e cure costanti, a permettergli di studiare presso i monaci, dove Anselmo iniziò a maturare la vocazione religiosa, trovando però una fiera opposizione in suo padre. Per quel momento, desistette, e si diede ad altre occupazioni: ma la sua chiamata era solo rimandata. Quando Anselmo aveva circa 25 anni, sua madre morì e lui, che non aveva mai amato suo padre, abbandonò la casa natia per vagabondare in terra francese, approdando infine all’Abbazia di Bec, in Normandia.
Qui era priore Lanfranco di Pavia, uomo saggio e illuminato, sotto la cui guida Anselmo sentì rinascere la vocazione, approfondì i suoi studi e prese i voti. Si dimostrò così brillante che, quando Lanfranco dovette abbandonare la sua sede perché eletto abate altrove, nominò il giovane Anselmo suo successore. I monaci più anziani dapprima non accettarono questa scelta: ma poi la grande anima di Anselmo li conquistò. Egli, infatti, non solo era un saggio, un grande dotto, che in quegli anni scrisse moltissime opere teologiche, e molte lettere ai suoi fedeli; era anche un uomo buono, devoto e retto, e in breve fece fiorire Bec come mai in passato e mai più in futuro. La sua fama crebbe al punto da arrivare in Inghilterra: nel 1089, quando Lanfranco, che nel frattempo era diventato Arcivescovo di Canterbury, morì, di nuovo a succedergli fu chiamato Anselmo. Il sant’uomo fu molto titubante ad accettare quel ruolo: amava studiare e scrivere, e temeva che un incarico di tale responsabilità potesse sottrargli tempo ai suoi veri interessi. Quelli erano anni tormentati per il papato, però, e la corona inglese, nelle vesti di Guglielmo II, portava avanti un’aspra lotta di supremazia tra potere temporale e potere spirituale. Anselmo comprese che non si poteva sottrarre, e accettò, diventando Arcivescovo a Canterbury, carica che ricoprì fino alla sua morte, avvenuta nel 1109.
Non fu un periodo facile: sant’Anselmo fu due volte esiliato a Roma, riconoscendo il legittimo papa, che risiedeva in Italia, contro l’antipapa. Ma la sua guida illuminata e saggia gli permise di essere stimato fino all’ultimo dei suoi giorni. Ormai anziano e debilitato, prima di morire voleva comunque essere condotto in chiesa ogni giorno per poter assistere alla Santa Messa. Morì il giorno 21 aprile, che è lo stesso in cui si venera il suo nome, secondo il calendario liturgico. Le spoglie mortali di sant’Anselmo riposano nella cattedrale di Canterbury: fu elevato a santità già alla sua morte, dal suo successore, Tommaso Becket, e annoverato tra i Dottori della Chiesa nel 1720. Ad Aosta si trova una via intitolata al suo nome; ma ciò che più resta è il suo insegnamento, i suoi molti scritti volti ad avvalorare l’esistenza di Dio agli occhi degli scettici; sono le sue parole piene di coraggio e fede, immortali quanto la sua anima.