Mehmet Ali Agca svela nuovi e fantastici dettagli sull’attentato compiuto il 13 maggio 1981, quando sparò due colpi contro Giovanni Paolo II sulla sua papamobile. A 36 anni di distanza racconta che in quell’attentato, definito dal Vaticano come il compimento del Terzo segreto di Fatima, c’è in realtà anche uno zampino umano. «Dovete chiedere al presidente Trump perché non rivela il dossier super segreto della Cia», confida a la Repubblica. E racconta di essere stato contattato, attraverso il trafficante turco Bekir Celenk, dalla Gru, la polizia segreta sovietica, che si occupava di intelligence e dell’addestramento di terroristi stranieri. «Venni così addestrato nella Siria di Hafez al Assad. Il giudice Ilario Martella, che aveva indicato la pista bulgara, aveva visto giusto. Lavorò con grande coraggio a questo argomento. Magari gli si può rivolgere qualche domanda in proposito».
Ora, invece, l’ex Lupo grigio vive alla periferia di Istanbul, conducendo una vita monastica e contando sull’aiuto di amici italiani. «Non ho quasi nessun amico vero in questo Paese. Sono libero da otto anni, ma sto vivendo nell’isolamento sociale perché non riesco a identificarmi in nessun gruppo religioso, politico, ideologico». Si trova in un regime di semilibertà dopo aver scontato 30 anni tra carceri turche e italiane. L’attentato non riuscito sembra averlo marchiato al punto tale che la religione è la sua ossessione. Tutti gli chiedono di rivelare i mandanti, da tutti però deve difendersi. Ma non ha perso occasione per un nuovo colpo di scena.