Si è conclusa con esito positivo la vicenda riguardante Farah, giovane ragazza pakistana che è stata segregata dai suoi famigliari nel paese d’origine, e costretta ad abortire. Si temeva un finale come quello accaduto alla povera Sana, uccisa soltanto poche settimane fa dal padre perché voleva sposare un italiano, ma fortunatamente questa volta le autorità sono intervenute tempestivamente. Il tutto è partito dalla denuncia della stessa Farah che è riuscita a mettersi in contatto con le amiche e il fidanzato italiano: «Qualcuno con una certa autorità mi venga a prendere a casa – scriveva la giovane negli scorsi giorni – mi hanno picchiata e tenuta legata per otto ore per farmi fare l’aborto. Ora se ubbidisco stanno buoni, altrimenti mi picchiano. Tutto dev’essere atto in una volta, se no mio padre stavolta uccide pure me».
LA SETTIMANA PROSSIMA A VERONA?
Subito è stata attivata la polizia, quindi la Farnesina, l’ambasciata italiana a Islamabad, e infine, i ministeri pakistani degli Esteri e degli Interni. A quel punto è intervenuta la polizia pakistana che ha liberato la ragazza, ora ospite presso una struttura protetta gestita dalla Commissione sui diritti della donna del Punjab, di Fauzia Vigar. Il padre ha costretto la ragazza ad abortire perché non voleva che si sposasse con un italiano cristiano, obbligando invece la figlia a unirsi in matrimonio con un pakistano musulmano. Oggi la 19enne verrà ascoltata dalle autorità locali, poi le verrà fatto un nuovo passaporto (quello vecchio le è stato sequestrato dai genitori), e quindi potrà tornare a Verona, forse già la prossima settimana.