E’ possibile parlare di costituzioni e democrazia negli Stati a maggioranza musulmana? Lo abbiamo chiesto a Andrea Simoncini e Tania Groppi docenti di diritto Costituzionale all’Università rispettivamente di Firenze e di Siena che ieri sono intervenuti al Meeting.
Prof. Simoncini, cosa è stata la “primavera araba”?
Da quel 17 ottobre del 2010 quando quel giovane tunisino si diede fuoco nacque una grande ventata di speranza che poi si diffuse in Egitto e non solo: anche lì si era disposti a morire per la libertà. Non a caso la stessa Treccani ha inserito nel lessico del XXI secolo “primavera araba”, perché è stato un fatto che ha cambiato la storia. L’uguaglianza, la democrazia non solo sono stati motivo di vita per i nostri nonni e per coloro che ricostruirono l’Europa dopo la II guerra mondiale, ma, mentre da noi si trasformavano in parole usurate e stanche, per gli arabi diventavano espressioni vive, piene di valore fino al sacrificio della vita.
Cosa ne è rimasto oggi?
Noi europei facciamo molta fatica a capire ciò che sta accadendo. Come ci ricorda Wael Farouq (docente all’Università Americana del Cairo e ospite del Meeting, NDR) anche la definizione è occidentale e poco ha a che fare con la loro sensibilità: per noi la primavera è simbolo di vita, prepara alla bella stagione, per coloro che vivono in terre aride o nel deserto la primavera è l’anticipo dell’estate infuocata, è un incubo! E’ un concetto che mai userebbe un arabo. Questo dimostra quanto sia un’idea nostra proiettata su di loro e quanta fatica facciamo a vedere bene accadimenti lontani. Di fronte a questa miopia il Meeting brucia le distanze. Per capire se Democrazia e Costituzione possano avere cittadinanza nei Paesi arabi abbiamo invitato: Rafaa Ben Achour, Giudice della Corte Africana dei diritti dell’uomo; Ibrahim Kaboglu, Docente di Diritto Costituzionale all’Università di Istanbul; Omar Sherif, Vice Presidente della Corte Costituzionale d’Egitto. E Tania Groppi, esperta dei sistemi giuridici di questi Paesi, per aiutarci a mettere a fuoco la questione.
Prof.ssa Groppi, Islam, costituzioni e democrazia sono tre parole che possono convivere?
Se ci riferiamo alla democrazia costituzionale così come la intendiamo noi a prima vista sembrerebbe di no. Le esperienze dei tre Paesi invitati vengono da una lunga tradizione di autoritarismi e laddove la democratizzazione ha portato a libere elezioni troppo spesso hanno vinto partiti islamisti. E una cosa sono i musulmani praticanti e una cosa sono gli islamisti, cioè coloro che sono convinti che la Sharia debba essere la legge dello Stato. Il punto è vedere se ci sono nelle società di questi Paesi forze dal basso che possano portare pluralismo e lottare per una vera democrazia. Il rischio che vedo è che è vero che ci sono movimenti di donne piuttosto che leader di diritti umani che si battono in tal senso, ma sono per adesso piccole elite. Le democrazie costituzionali possono esistere se ci sono forze pluraliste maggioritarie e se nel tempo ciò avverrà la convivenza tra Islam costituzioni e democrazia sarà realmente possibile.
Ci sono esempi di costituzioni democratiche nei Pasi Arabi?
La Tunisia ha una costituzione che garantisce le libertà e la democrazia ed è stata fatta in un percorso pattizio tramite un’assemblea costituente. Il rapporto Freedom in the World 2015 riconosce la Tunisia come unico Paese arabo free, cioè libero. Ma è anche vero anche la Tunisia è sotto attacco non solo dall’ISIS ma anche da un fronte interno di giovani islamisti senza speranza che odiano l’occidente e ciò che da esso proviene, compreso il modello costituzionale democratico. Siamo nel momento della “prova” delle forze “pluraliste” non fondamentaliste che ci sono sia in Tunisia sia nel resto dei Paesi arabi.