In occasione della tradizionale preghiera di ringraziamento del Te Deum, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, ha commentato la situazione del capoluogo campano, rilasciando parole di speranza per quanto concerne il futuro di Napoli: “E’ stato un anno di speranza. Ci sono forti segnali di ripresa soprattutto nel settore del turismo”. Il cardinale Crescenzio Sepe ha anche dichiarato che la visita di Papa Francesco a Napoli ha fatto bene a Napoli perché ha regalato al capoluogo campano l’immagine di una città “ordinata, accogliente e fortemente cordiale”. Il Cardinale Sepe, ovviamente, non ha nascosto i problemi di Napoli e ha dichiarato che c’è ancora molto da risolvere per quanto riguarda l’immediato futuro. Secondo il Cardinale Sepe, la maggiore emergenza a Napoli riguarda il lavoro. La mancanza di lavoro, secondo il cardinale, può essere collegata anche ad un recente fatto di cronaca, l’accoltellamento di Arturo, un 17enne di Napoli. Secondo il Cardinale Sepe, occorre agire urgentemente sul piano educativo. (Aggiornamento di Fabio Morasca).
TE DEUM: L’OMELIA DI PAPA FRANCESCO
Un terzo punto centrale nell’omelia di Papa Francesco prima della recita del Te Deum riguarda quanto di più scandaloso è stato perpetrato anche in questo 2017 contro i più innocenti e gli ultimi della società mondiale: «anche questo tempo dell’anno 2017, che Dio ci aveva donato integro e sano, noi umani l’abbiamo in tanti modi sciupato e ferito con opere di morte, con menzogne e ingiustizie», sostiene il Santo Padre che invece invoca l’atmosfera dello Spirito Santo per rendere sempre più grazie al Creatore di quanto ci dona con costante opera di bene e libertà. «Le guerre sono il segno flagrante di questo orgoglio recidivo e assurdo. Ma lo sono anche tutte le piccole e grandi offese alla vita, alla verità, alla fraternità, che causano molteplici forme di degrado umano, sociale e ambientale. Di tutto vogliamo e dobbiamo assumerci, davanti a Dio, ai fratelli e al creato, la nostra responsabilità». L’unica vera “arma” da contrapporre è la pace di Cristo e il suo riflesso in Maria: «E prevale perciò la gratitudine, che, come Vescovo di Roma, sento nell’animo pensando alla gente che vive con cuore aperto in questa città (Roma)». (agg. di Niccolò Magnani)
“GRATI AGLI ARTIGIANI DEL BENE COMUNE”
La gratitudine agli “artigiani del bene comune” e un profondo “grazie” al Padre che permette e dona il bene per ogni singolo individuo: l’omelia di Papa Francesco del Te Deum ha indirizzato l’analisi proprio su questi due concetti principali. « La Madre del Figlio incarnato, Madre di Dio. Attraverso di lei, per così dire, è sgorgata la pienezza del tempo: attraverso il suo cuore umile e pieno di fede, attraverso la sua carne tutta impregnata di Spirito Santo. Da lei la Chiesa ha ereditato e continuamente eredita questa percezione interiore della pienezza, che alimenta un senso di gratitudine, come unica risposta umana degna del dono immenso di Dio. Una gratitudine struggente, che, partendo dalla contemplazione di quel Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, si estende a tutto e a tutti, al mondo intero. E’ un “grazie” che riflette la Grazia; non viene da noi, ma da Lui; non viene dall’io, ma da Dio, e coinvolge l’io e il noi. In questa atmosfera creata dallo Spirito Santo, noi eleviamo a Dio il rendimento di grazie per l’anno che volge al termine, riconoscendo che tutto il bene è dono suo». Nel secondo passaggio importante del Te Deum, il Santo Padre ha rivolto la propria attenzione proprio a quei “costruttori” semplici di bene comune: «Provo un senso di simpatia e di gratitudine per tutte quelle persone che ogni giorno contribuiscono con piccoli ma preziosi gesti concreti al bene di Roma: cercano di compiere al meglio il loro dovere, si muovono nel traffico con criterio e prudenza, rispettano i luoghi pubblici e segnalano le cose che non vanno, stanno attenti alle persone anziane o in difficoltà, e così via. Questi e mille altri comportamenti esprimono concretamente l’amore per la città. Senza discorsi, senza pubblicità, ma con uno stile di educazione civica praticata nel quotidiano. E così cooperano silenziosamente al bene comune. […] Oggi, nel rendimento di grazie a Dio, vi invito ad esprimere anche la riconoscenza per tutti questi artigiani del bene comune, che amano la loro città non a parole ma con i fatti». CLICCA QUI PER L’OMELIA INTEGRALE DEL TE DEUM 31 DICEMBRE 2017
INIZIA LA CELEBRAZIONE IN S.PIETRO
È cominciata la celebrazione in San Pietro dell’ultimo giorno dell’anno, con la tradizionale preghiera di ringraziamento del Te Deum: una Basilica stracolma accoglie il Santo Padre con i vari canti liturgici della tradizione cattolica per la festa di Maria Santissima Madre di Dio. Il calendario prevede per prima cosa la recita dei Primi Vespri e poi in conclusione il canto-inno del Te Deum accompagnato dal consueto pensiero-omelia di Papa Francesco sul significato dell’anno che stiamo per abbracciare, ringraziando la venuta del Signore per tutto quello invece di passato in questo 2017. Ricordiamo che il testo della preghiera di fine anno è diviso principalmente in tre sezioni: la prima fino al “Paraclitum Spiritum”, è una lode trinitaria indirizzata al Padre e contiene il triplice “Sanctus”. La seconda parte invece – da Tu rex gloriæ a sanguine redemisti – è una lode a Cristo Redentore; infine, la terza e ultima sezione breve un seguito di suppliche e di versetti tratti dal libro dei salmi. Ricordiamo da ultimo che il Te Deum viene solitamente cantato a cori alterni: presbitero o celebrante e il popolo.
PAPA: “RINGRAZIARE NON È STERILE, DIO È CON NOI”
Tra meno di un’ora il Te Deum in San Pietro verrà recitato da Papa Francesco con i fedeli che si stanno preparando a Roma arrivando da ogni parte della città e del mondo per questo appuntamento storico e tradizionale della Chiesa Cattolica. Un anno fa Bergoglio si soffermò nelle sue considerazioni anche sull’attualità del presepe e della Sacra rappresentazione: «l presepe ci invita a fare nostra questa logica divina. Una logica non centrata sul privilegio, sulle concessioni, sui favoritismi; si tratta della logica dell’incontro, della vicinanza e della prossimità. Il presepe ci invita ad abbandonare la logica delle eccezioni per gli uni ed esclusioni per gli altri. Dio viene Egli stesso a rompere la catena del privilegio che genera sempre esclusione, per inaugurare la carezza della compassione che genera inclusione, che fa splendere in ogni persona la dignità per la quale è stata creata. Un bambino in fasce ci mostra la potenza di Dio che interpella come dono, come offerta, come fermento e opportunità per creare una cultura dell’incontro». Con l’anno alle spalle appena passato, la Chiesa invitava per il 2017 a lasciarsi “illuminare” dalla venuta del Signore: «sostiamo allora davanti al presepe, per ringraziare di tutti i segni della generosità divina nella nostra vita e nella nostra storia, che si è manifestata in mille modi nella testimonianza di tanti volti che anonimamente hanno saputo rischiare. Ringraziamento che non vuole essere nostalgia sterile o vano ricordo del passato idealizzato e disincarnato, bensì memoria viva che aiuti a suscitare la creatività personale e comunitaria perché sappiamo che Dio è con noi. Dio è con noi».
L’ANGELUS E LA SACRA FAMIGLIA
È l’ultimo dell’anno ma anche la Festa della Santa Famiglia di Nazareth, a poche ore dal Te Deum e dalla grande notte di Capodanno: è in questo scenario che Papa Francesco a mezzogiorno ha recitato l’Angelus del Signore approfondendo il senso profondo della famiglia “imitatio” di quella Santa con Gesù, Giuseppe e Maria e chiamata anche per il 2018 a mesi difficili e pieni di prove. «Ogni volta che le famiglie, anche quelle ferite e segnate da fragilità, fallimenti e difficoltà, tornano alla fonte dell’esperienza cristiana, si aprono strade nuove e possibilità impensate», spiega Bergoglio nel primo Angelus dopo Natale. Un forte richiamo al senso veramente cristiano dell’educazione in famiglia, una sfida alla libertà e non una imposizione “dogmatica”: « il figlio appartiene a Dio e che i genitori sono i custodi della sua vita e non i proprietari. Questo – aggiunge a braccio Francesco – ci fa riflettere sul fatto che tutti i genitori sono custodi della vita del figlio non proprietari e devono aiutarlo a crescere, a maturare». Maria e Giuseppe hanno la felicità nel cuore per vedere Gesù crescere, con la stessa “agitazione” dei genitori moderni che quel piccolo figlio possa andare incontro al proprio buono destino senza “farsi male”: eppure, Dio va ben oltre, «la missione alla quale è orientata la famiglia: creare le condizioni favorevoli per la crescita armonica e piena dei figli, affinché possano vivere una vita buona, degna di Dio e costruttiva per il mondo», ma stando attenti che solo da Dio viene il bene e non da noi stessi, non possiamo noi rendere felici i nostri figli (e nemmeno noi stessi). CLICCA QUI PER IL TESTO INTEGRALE DELL’ANGELUS DEL 31 DICEMBRE 2017
“RINGRAZIAMO PER LE PROVE RICEVUTE”
È da poco finito l’Angelus dell’ultimo giorno dell’anno e Papa Francesco ha dato appuntamento a tutti per le ore 17 in Basilica San Pietro per il classico Te Deum e il pensiero di ringraziamento per l’anno appena passato. In attesa di pubblicarvi l’intero testo integrale dell’Angelus appena conclusosi, il punto cardine delle parole di Papa Bergoglio è stato il doppio “ringraziamento” rivolto a Dio sia per le tante grazie ricevute in questo 2017 e sia, soprattutto, per le tante prove difficili, complesse alle volte quasi impossibili da sopportare che sono giunte negli ultimi 12 mesi. Una “prova” impossibile senza il legame con Dio e senza quel profondo radicalmente nella profonda “figliolanza” di cui ogni uomo è grato al Padre: per Papa Francesco la cultura di oggi è sempre più dimentica di questa origine e non riesce a trovare da sé una “valida” alternativa.
Risultato, «Abbiamo creato una cultura che, da una parte, idolatra la giovinezza cercando di renderla eterna, ma, paradossalmente, abbiamo condannato i nostri giovani a non avere uno spazio di reale inserimento, perché lentamente li abbiamo emarginati dalla vita pubblica obbligandoli a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono o che non permettono loro di proiettarsi in un domani. Abbiamo privilegiato la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini che permettano loro di essere protagonisti attivi nella vita della nostra società.
Ci aspettiamo da loro ed esigiamo che siano fermento di futuro, ma li discriminiamo e li “condanniamo” a bussare a porte che per lo più rimangono chiuse», spiegava un anno fa durante il Te Deum proprio Papa Francesco. È chiesto a tutti di prendere il proprio impegno, «per poco che possa sembrare, di aiutare i nostri giovani a ritrovare, qui nella loro terra, nella loro patria, orizzonti concreti di un futuro da costruire. Non priviamoci della forza delle loro mani, delle loro menti, delle loro capacità di profetizzare i sogni dei loro anziani».
LE RADICI DELLA FEDE E LA SPERANZA IN CRISTO
Nel testo di accompagnamento alla recita del Te Deum dello scorso anno, Papa Francesco ebbe modo di ricordare due punti essenziali della fede cristiana che si fanno luce all’interno di questo canto di ringraziamento che è l’esatto contrario di una “recita tradizionale” e vuota ma rappresenta l’intento di ogni singolo fedele di riflettere sull’anno appena concluso e chiedere direttamente a Dio che si compia la propria vita e il proprio destino in questo mondo. «Davanti all’anno che finisce, come ci fa bene contemplare il Dio-Bambino! E’ un invito a tornare alle fonti e alle radici della nostra fede. In Gesù la fede si fa speranza, diventa fermento e benedizione: “Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia”», conclude citando un passo dell’Evangelii Gaudium.
Uno sguardo sempre teso a quel presepe dove il piccolo figlio di Dio si è fatto presente iniziando il percorso di liberazione e “scotimento” dell’umana vita: «Guardare il presepe ci sfida ad aiutare i nostri giovani perché non si lascino disilludere davanti alle nostre immaturità, e stimolarli affinché siano capaci di sognare e di lottare per i loro sogni. Capaci di crescere e diventare padri e madri del nostro popolo».
Due volti su tutti venivano sottolineati un anno fa dal Pontefice poco prima del Te Deum: Maria e Giuseppe, «Volti giovani carichi di speranze e di aspirazioni, carichi di domande. Volti giovani che guardano avanti con il compito non facile di aiutare il Dio-Bambino a crescere. Non si può parlare di futuro senza contemplare questi volti giovani e assumere la responsabilità che abbiamo verso i nostri giovani; più che responsabilità, la parola giusta è debito, sì, il debito che abbiamo con loro. Parlare di un anno che finisce è sentirci invitati a pensare a come ci stiamo interessando al posto che i giovani hanno nella nostra società».
COS’È E QUANDO SI CELEBRA IL TE DEUM
La recita del Te Deum è uno dei momenti fondamentali dell’anno liturgico cattolico e avviene come sempre nella notte di Capodanno in tutte le Chiese del mondo: si tratta dell’inno liturgico di ringraziamento a Dio che ogni singolo cristiano rivolge all’inizio del nuovo anno solare attraverso una prosa ritmica latina (tradotto poi in tutte le lingue, qui sotto quella italiana) e cantato o prima della Santa Messa del 31 dicembre oppure in durante quella di precetto del 1 gennaio. È un doppio ringraziamento: sia per l’anno appena trascorso e sia come forma di attesa per l’anno che sta per arrivare, tra le varie sofferenze e attività della propria vita personale e inserita all’interno della comunità ecclesiale.
Come spiegava già due anni fa Papa Francesco nel discorso di accompagnamento al “Te Deum Laudamus” (letteralmente, “Noi ti lodiamo o Dio”), «Nella preghiera non basta solo la nostra voce: la preghiera ha bisogno di rinforzarsi con la compagnia di tutto il popolo di Dio, che all’unisono fa sentire il suo canto di ringraziamento». Proprio il Papa anche quest’anno reciterà il canto del Te Deum alle ore 17 in Basilica di San Pietro appena prima dei Vespri di fine anno a forma di ringraziamento a Gesù per l’intenso anno ecclesiale appena trascorso.
L’attribuzione della storica preghiera cristiana è “contesa” tra diversi autori, anche se il più affidabile dovrebbe essere la fonte che attribuisce a san Cipriano di Cartagine la paternità del Te Deum. Secondo gli ultimi studi storici, la redazione finale che conosciamo anche oggi è stata fatta a Niceta dal Vescovo di Remesiana alla fine del IV secolo d.C.
TE DEUM, IL TESTO INTEGRALE
Ecco qui di seguito riportiamo il testo integrale della bella e intensa preghiera con la quale ogni singolo fedele può interagire direttamente con il Padre per un ringraziamento profondo di quanto avvenuto e una richiesta sincera e “timorata” per l’anno che sta per arrivare. Ricordiamo che per la recita del Te Deum con Papa Francesco, sarà possibile seguire l’intero evento in diretta streaming video sul canale YouTube Vatican News, e lo trovate direttamente qui sotto appena di seguito al testo tradotto in italiano del Inno “Te Deum Laudamus”. «Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, tutta la terra ti adora. A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Ti acclama il coro degli apostoli e la candida schiera dei martiri; le voci dei profeti si uniscono nella lode; la santa Chiesa proclama la tua gloria, adora il tuo unico Figlio e lo Spirito Santo Paraclito. O Cristo, re della gloria, eterno Figlio del Padre, tu nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo. Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli. Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi. Soccorri i tuoi figli, Signore, che hai redento col tuo Sangue prezioso. Accoglici nella tua gloria nell’assemblea dei santi.
Salva il tuo popolo, Signore, guida e proteggi i tuoi figli. Ogni giorno ti benediciamo, lodiamo il tuo nome per sempre. Degnati oggi, Signore, di custodirci senza peccato. Sia sempre con noi la tua misericordia: in te abbiamo sperato. Pietà di noi, Signore, pietà di noi. Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno».