Ma lo vorreste un vino buono con una moderata alcolicità, così da poterne bere qualche bicchiere in più, e magari spendere sotto i 5 euro la bottiglia? Non è un grande vino? E chi lo ha detto? Il grande vino è quello che si beve e quello che vi sto raccontando è il fragrante Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, prodotto sulle colline modenesi da uno stuolo di giovanissimi produttori che non si sono fatti intimorire da una logica di mercato che, di fatto, ha trattato il Lambrusco come un vino facile, senza nerbo, che in America negli anni Settanta arrivarono a sbeffeggiare come Italian Coca-Cola. Una catastrofe di immagine che mi ha fatto diventare poco simpatiche quelle cooperative votate alla quantità, che hanno portato alla depressione dei prezzi di questo vino.
Ieri sera a Castelvetro ho incontrato i “miei” giovani e dico miei perché in questi anni li ho presi a cuore nella loro battaglia da “Davide contro Golia”. Loro hanno creduto nella qualità del Lambrusco, si sono messi insieme e ieri hanno voluto dialogare con me, colpiti dalla mia difesa per il Lambrusco vero. Bravissima Silvia Baratta, una pierre veneta che li ha accompagnati in questa avventura di comunicazione che avrà successo nella misura in cui resteranno uniti.
A cena mi hanno portato in un posto fantastico che non conoscevo: si chiama Lambruscheria ed è un agriturismo fascinoso, realizzato dalla famiglia Vandelli, titolare dell’azienda Cà Berti (via Spagna, 60 – tel. 059741025) di Levizzano R. Castelvetro (Mo) che lo scorso anno premiammo fra i Top Hundred di Papillon. Siete sulle colline di Castelvetro per mangiare i salumi di queste terre, i tortelli e le taschine di carne ripiene di mortadella, oltre a una teoria di dolci. Tutto si abbina con il Lambrusco, che ha anche una vena amabile in certi campioni.
Ma che emozione trovarmi di fronte il titolare della Tenuta Pederzana, che fu il mio primo Lambrusco di qualità scovato in una trattoria di Zoello famosa per i suoi tortellini. Dicono che gli stranieri vadano matti per questo vino, mentre altri sostengono che sia l’ideale per l’happy hour o per l’aperitivo. Anche mio padre, nella sua vigna, aveva un filare di questa uva, chiamata lambrusca alessandrina, che dava colore e briosità al vino. È un vino che ha un colore concentrato invitante, al naso senti i piccoli frutti pieni di polpa, in bocca la fragranza e poi la freschezza, ma anche l’impatto del tannino che appartiene ai grandi vini. Uno spettacolo di sapori.
Ieri una ragazza, giovane produttrice di questo vino, ci ha raccontato che lo ha portato ai suoi amici produttori di Montalcino e non lo conoscevano: sono rimasti abbagliati. Già: c’è il vino ideale per questo momento, ma nessuno lo comunica. Se volete andare a vedere una lezione di potere in odor di regime cominciate a chiedervi perché nessuno sostiene questi giovani “angeli matti” che in realtà fanno parlare il territorio in cui vivono con il loro lavoro. Chi ha interesse a tagliargli le gambe? Qualcuno c’è (e la politica dov’è, con chi sta?). Per questo li dobbiamo sostenere, cominciando a conoscere i loro prodotti.