Intervistato da Repubblica parla il leader dell’unica rete di attivisti pro-gay in tutta la Russia, la Russian Lgbt Network, e commenta il caso incredibile delle torture e sevizie contro gli omosessuali ceceni nei presunti campi di concentramento e di torture. Si chiama Igor Kocetkov il leader e attivista lgbt che accusa senza problemi: «In Cecenia si stanno perpetrando crimini contro l’umanità», ne è certo l’attivista mentre parla con i colleghi di Repubblica inviati a Mosca. «Esiste un sistema di torture guidato e amministrato dagli organismi statali: polizia, procura, forze dell’ordine»: ma Kocetkov va anche oltre e mostra alcuni collegamenti direttamente con le scoperte fatte dalla Novaja Gazeta (il giornale anti-Putin da cui è nata l’intera vicenda choc di questi giorni). «Uno dei massimi dirigenti di questo sistema di sterminio ha il soprannome “Lord”, “Signore”: è il deputato ceceno Adam Delimkhanov. Lo Stato va a caccia di gay. Li arresta e chiede loro di denunciare gli amici». Poi rinchiude i detenuti gay, o presunti tali, li minaccia, li fa picchiare e in alcuni casi sono arrivate anche delle uccisioni: le accuse sono gravissime, le indagini sono scattate e probabilmente ora la comunità internazionale dovrà prestare attenzione anche allo sviluppo di tali inchieste per evitare ulteriori soprusi o libertà negate. (agg. di Niccolò Magnani)
Proseguono le informazioni che arrivano sulla cecenia e sui presunti campi di sevizie e torture contro gli omosessuali: questa volta i racconti vengono pubblicati da Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL), organizzazione per le comunicazioni ed emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti, e sono altrettanto choc. Un uomo chiamato Said ha raccontato che nella sua Grozny è stato ricattato lo scorso ottobre da due amici che gli avevano chiesto di pagare una cifra assurda, 2,5 milioni di rubli, con minacce e ricatti di denunciare le prove della sua omosessualità. Si è rifiutato e ha lasciato la Cecenia ma l’orrore non sarebbe chiuso qui: pare che i ricattatori, in contatto con la polizia, hanno minacciato la sua famiglia con gli agenti che hanno sequestrato il fratello, «hanno fatto sapere che non lo avrebbero liberato finché lui non fosse tornato a Grozny», riporta la traduzione del Post questa mattina. Said non è più tornato e non ha più rapporti con la famiglia perché teme che i telefoni siano sotto controllo. Tutto andrà verificato ovviamente anche perché resta assai strano che l’intera storia sia uscita in piena crisi mondiale e critiche serrate a Putin, ma resta un fatto: le violenze e le sevizie in quella parte dell’Asia paiono continuare non solo da giorni ma da anni e non solo contro i gay o la comunità LGBT ma contro chi è fastidioso al regime. (agg. di Niccolò Magnani)
“Semplice” negare la presenza di campi di concentramento e sevizie contro gli omosessuali: basta dire che in Cecenia i gay non ci sono e il “gioco” è fatto. Ecco, diciamo che l’assurdità di una tesi del genere – posto che devono ovviamente essere dimostrate tutte le accuse che le associazioni umanitarie e lobby LGBT vanno dicendo da giorni sulla situazione choc in Cecenia – potrebbe essere sostenuta da qualche indegno blogger pseudo-omofobo, ma se poi a dirlo è il leader e presidente ceceno fa ovviamente molto più effetto. Nel silenzio totale del Cremlino e sopratutto dei diretti interessati alla faccenda, i leader politici ceceni, ha parlato il portavoce del presidente Ramzan Kadyrov che ha sostenuto non solo che «è impossibile opprimere chi semplicemente non esiste nella nostra Repubblica». Ma anche, in maniera forse ancora più inquietante, «Se ci fossero persone così in Cecenia, i loro stessi familiari li manderebbero in posti da cui non c’è ritorno». Una reazione ufficiale che mette a questo punto forti sospetti che l’intera vicenda raccontata dal giornale indipendente Novaja Gazeta sia non solo vera ma anche più grave di quanto sembra già di suo; dopo giorni dallo scandalo contro i gay uscito sui media russi e internazionali, ha parlato almeno il Capo del Consiglio Russo per i Diritti Umani e ha condannato il gesto, «accuse mostruose e necessarie di una verifica approfondita». (agg. di Niccolò Magnani)
In fermento la Farnesina per le rivelazioni avvenute in queste ore riguardo alla presenza di prigioni segrete in Cecenia in cui si metterebbero in pratica torture dirette ai gay. A rivelarlo nei giorni scorsi è stata la Novaya Gazeta, che ha comportato subito l’intervento di Benedetto della Vedova, sottosegretario agli Esteri. Le autorità cecene dovranno quindi fornire ogni informazione in loro possesso, in special modo sulle torture e sevizie ai danni dei cittadini omosessuali. Secondo il giornale indipendente locale, infatti, le forze di Polizia del Paese metterebbe in stato di fermo ogni persona sospettata di essere omosessuale, che sottoporrebbe in seguito a torture di diverso tipo. La struttura di detenzione segreta si troverebbe, come sottolinea una notizia Ansa, a Grozny, dove sarebbero avvenute almeno tre o addirittura quattro morti. Ad aggravare la situazione la presenza in Cecenia del delitto d’onore, che conferisce alle famiglie la possibilità di uccidere in prima persona le persone sospettate di orientamento omosessuale.
Le immagini sulle sevizie avvenute nel carcere segreto in Cecenia sono eloquenti quanto raccapriccianti. Comprese le torture con l’elettricità, come denunciato da alcuni ex detenuti. “Con la corrente elettrica il corpo comincia a tremare”, rivela un testimone, “uno smette di ragionare e comincia ad urlare”. E sono le grida ad invadere l’aria del carcere adibito a gay e sospetti tali, dato che le forze dell’ordine cecene interverrebbero anche solo grazie a presunzione di “reato”. In alcuni casi, sottolinea la testata, i cellulari degli arrestati sono stati tenuti appositamente accesi per permettere alla Polizia di individuare altri omosessuali. Nel mirino, quindi, quanti entravano in contatto con i numeri sorvegliati, senza alcuna distinzione. E se da un lato la tortura con l’elettricità, tipica degli interrogatori più brutali, dall’altra i detenuti vengono vessati anche con offese, bastonate e frustate, mediante l’uso di tubi di plastica.