La Calabria non è solo ‘ndrangheta. Mentre i vertici dell’aeroporto di Lamezia Terme vengono arrestati perché — così dicono i magistrati — “la società che gestisce l’aeroporto era diventata una sorta di suq dove si barattavano o si vendevano posti di lavoro e consulenze in cambio di favori, cene e pranzi di lusso, viaggi, con la benedizione di esponenti della politica locale” a pochi chilometri, a Palmi, si concludevano le Quarant’ore nella parrocchia sede dell’Associazione di Volontariato Presenza.
Pare un accostamento indebito tra politica e religione, tra società civile e pietà popolare, ma non è così.
Per quasi tutti i cattolici italiani le Quarant’ore sono un fatto del passato, un racconto dei nonni, ma in Calabria è una realtà tutt’ora viva. Si tratta di una due giorni di adorazione eucaristica e confessioni con importanti risvolti civili. Ho avuto la fortuna di essere coinvolto in una di queste manifestazioni e ho scoperto di essere stato chiamato in ossequio alla libertà e alla dignità che ogni persona merita perché è un uomo e perché Cristo ha guadagnato a tutti la libertà dei figli di Dio (Rm 8,21). Un prete come me, che nulla ha a che vedere con la Calabria, viene chiamato da don Silvio Mesiti, il fondatore di Presenza, perché la gente possa ascoltare una voce nuova e confessarsi liberamente con chi nulla sa della storia di ciascuno di loro. Cioè per dare libertà. Perché, se siamo liberi dinnanzi a Dio, lo saremo anche davanti a noi stessi e quindi prima o poi, inesorabilmente, davanti agli uomini.
“Presenza” è, a Palmi, un’associazione molto simile alla più nota “Libera”, di don Ciotti. Con finalità leggermente diverse. La prima, che ho conosciuto direttamente, opera nel quotidiano, con i disabili, con i carcerati, con gli anziani e con tanta gente qualsiasi che trova nella competenza e nel lavoro ben fatto di tanti laici un baluardo alla corruzione e all’associazione a delinquere. La fierezza di Presenza, tanto per intenderci, è pagare regolarmente gli stipendi dei propri dipendenti, al 27 del mese: o qualche giorno prima se il 27 cade di domenica. E lo stesso accade per il carcere di Palmi, che è quello storico delle Brigate rosse: quello di Curcio e Franceschini. Ai carcerati, prima dell’assistenza spirituale, è offerta dignità, reinserimento, ascolto. Umanità. Corruzione, peculato, falso, abuso d’ufficio, concussione, induzione a dare o promettere utilità, millantato credito non sono “la Calabria”. E non sono l’Italia. “Presenza” di don Mesiti, come Libera di don Ciotti e come tanti altri, è cristianesimo perché è umanesimo. Si può adorare Gesù nell’Eucarestia perché si ridà dignità all’uomo, nelle carceri e nella vita quotidiana. Si può confessare a Dio il proprio peccato perché si cerca in Lui la forza per confessare l’uomo. Perché si vuole riparare, per quanto possibile, il male fatto. Ci si rivolge all’eternità per esserci nella storia. Per rispettare l’altro, se stessi e la natura. Quella meravigliosa di queste terre. Che devono diventare famose per le bellezze che hanno e per la laboriosità che custodiscono, non solo per la ‘ndrangheta. L’italiano all’estero è famoso per la sua eccellenza. La scommessa che dobbiamo vincere è che lo divenga anche l’italiano in Italia. E in Calabria.