Pochi mesi dopo il caso di Dj Fabo si fa prepotente nelle cronache di oggi la storia di Davide, nome inventato di fantasia, 53 anni e malato di sclerosi multipla da quando ne aveva 27. Un ragazzo alto di 1.90m e con tanta gioia in corpo, viene colpito nella vitalità più intima e arriva ad affermare in un’intervista pubblicata oggi da Libero «io non ce la faccio più, vivere mi fa troppo male». Un barista come tanti che in questo momento è in viaggio verso la Svizzera per la medesima fine di Dj Fabo, il ragazzo morto dopo esser stato accompagnato dal leader radicale Marco Cappato nella clinica svizzera della Dignitas: «il mio corpo un giorno ha smesso di funzionare, potevano spegnermi una sigaretta addosso, darmi una coltellata, ma ero completamente insensibile», racconta ai colleghi di Libero in una lunga intervista in realtà datata a Natale scorso. Ad accompagnarla in questo viaggio è stata Mina Welby, copresidente dell’associazione Luca Coscioni e tra le prime attiviste in Italia a combattere per l’eutanasia legale e istituita dallo stato. Non aveva i 10mila euro richiesti dalla clinica, e allora si è rivolto a soseutanasia.it, il sito di Marco Cappato, Gustavo Fraticelli e Mina Welby: appello accettato e ora il viaggio, anzi l’ultimo viaggio, con la certezza adesso di non volerne più sapere di questa vita.
Ha dolori dappertutto e non riesce più a vivere, racconta Davide prima del viaggio verso il suicidio assistito: una malattia che lo ha consumato giorno dopo giorno e che ha consumato anche la voglia e la volontà di “innamorarsi” di una vita sofferente e considerata troppo difficile. «La fine la immagino, serena, molto dolce. Per me il viaggio sarà una liberazione», racconta così Davide “affascinato” da quanto anche Dj Fabo aveva fatto e lottato per la sua condizione. Una storia comunque triste, una persona che di fatto va incontro alla morte da lui voluta e prodotta, resa ancora più drammatica dalle stesse parole di Davide che non sente alcun rimorso per la scelta ormai compiuta. «Liberazione. Come un sogno, come una vacanza. L’unica cosa che mi fa sorridere, adesso, è il pensiero di questo viaggio. Mi daranno da bere un liquido e io lo berrò». Le stesse parole di Fabo, gli stessi problemi e lo stesso dramma di una vita che ancora va analizzata, capita, vissuta e testimoniata: quando si può dire essere degnamente vissuta?