“L’islam non appartiene alla Germania, no all’islamizzazione”. Con questo slogan un centinaio di estremisti di Pro Deutschland hanno esposto caricature di Maometto davanti a una delle moschee di Berlino, le stesse che nel 2005 scatenarono un’ondata di proteste nel mondo musulmano. “Non ridicolizziamo nessuno. – ha detto il leader Manfred Rouhs, ex membro del partito neonazista NPD – Mostreremo i nostri argomenti, ma ora dobbiamo lanciare il dibattito”. La protesta avviene proprio mentre nella Renania del sud-Vestfalia, il land più popoloso della Germania, a breve inizieranno gli insegnamenti della religione musulmana in 44 scuole primarie. Inoltre ad Amburgo, seconda città del Paese, è stato raggiunto un accordo con le locali rappresentanze dei musulmani: d’ora in avanti le festività islamiche verranno riconosciute ufficialmente, così da poter consentire ai lavoratori dipendenti e agli studenti di fede musulmana di potersi astenere dal lavoro per celebrare le festività religiose. Lo studioso Massimo Introvigne, uno dei maggiori esperti di religioni, spiega in questa intervista per IlSussidiario.net che in realtà «è almeno dal 2007 che in Germania si parla di riconoscimento delle festività islamiche». Però, per chi fosse tentato da paragoni con l’Italia, «bisogna tener presente che i numeri sono molto più alti rispetto al nostro Paese: ad Amburgo ci sono infatti 150 mila musulmani mentre in Germania sono circa 4 milioni. In Italia invece nessuna città raggiunge tali cifre, quindi il quadro fattuale è decisamente differente».
Come giudica le proteste davanti alla moschea di Berlino?
I protagonisti delle proteste sono membri di Pro Deutschland, un gruppo tutto sommato minoritario in Germania che non considero dunque rappresentativo dell’opinione pubblica tedesca. Detto questo, certamente la vicenda del riconoscimento delle festività islamiche ad Amburgo pone un problema.
Quale?
Quello di come gestire il pluralismo quando questo comincia ad avere numeri estremamente significativi. Faccio un esempio: in alcune città francesi i musulmani sono anche più numerosi dei cattolici praticanti, quindi è chiaro che quando ci troviamo di fronte a situazioni di questo tipo i poteri pubblici si pongano qualche domanda.
Cosa pensa della decisione presa dalle autorità della seconda città tedesca?
La Germania ha un atteggiamento piuttosto “schizofrenico” in materia di libertà religiosa. E’ vero che ad Amburgo l’autorità comunale ha riconosciuto le festività islamiche, ma sempre in Germania, all’inizio di agosto, abbiamo visto il tribunale di Colonia vietare la circoncisione. Queste oscillazioni tra il massimo riconoscimento e la massima diffidenza mostrano quindi una grande perplessità dei poteri pubblici nell’affrontare una situazione che dal punto di vista numerico e demografico è in continuo cambiamento ed evoluzione. Voglio però proporre un paradosso.
Ci dica.
Se ci trovassimo in una situazione in cui la maggioranza della popolazione fosse musulmana, forse ci si dovrebbe davvero chiedere se non sia giusto riconoscere le festività islamiche accanto a quelle cristiane tradizionali. Ripeto però che sono i numeri a guidare questo tipo di scelte, che in Italia siamo ancora ben lontani dal raggiungere. Inoltre, vi è anche una grande incertezza all’interno dei poteri pubblici.
Come mai?
Perché i due principali modelli che dominavano la scena fino a dieci anni fa sono in netta crisi. Sto parlando del modello assimilazionista francese, secondo cui chi sceglie di far parte di una comunità nazionale deve condividerne pienamente e lealmente gli ideali e le tradizione, e di quello inglese multiculturalista, secondo cui le varie comunità, con il sostegno finanziario dello Stato, operano come vasi poco comunicanti perseguendo uno sviluppo separato.
Entrambi questi modelli non sono quindi più validi?
Esatto, e proprio per questo si cerca una terza via, in cui l’Italia era forse anche più avanti di altri Paesi. Il grande problema è che questa terza via andrebbe perseguita in partnership con organizzazioni musulmane, ma l’Islam non è una religione verticale, bensì orizzontale, dove l’autorità si rinegozia e ridefinisce ogni giorno. Sapere con chi trattare è quindi il grande ostacolo che tutti i governi europei si ritrovano a dover affrontare.
(Claudio Perlini)