E’ la festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. La sua figura è molto popolare e perdura nell’immaginario degli italiani, e non dei soli credenti, come qualcosa che non è relegato del tutto al passato: sarà merito dei suoi frati e delle loro opere o del Cantico delle creature da cui nasce la letteratura italiana, o del fascino che di lui rimane nei versi di Dante e negli affreschi di Giotto, o ancora del cinema o del calendario di Frate Indovino, o della formula così diffusa “Pace e bene”.
In un libro pubblicato da Einaudi, “Francesco d’Assisi – realtà e memoria di un’esperienza cristiana” Giovanni Miccoli, il più autorevole tra gli studiosi laici di Francesco prende in esame gli scritti del santo e ne chiarisce la figura e il pensiero in modo molto limpido, definendo dirompente il cristianesimo vissuto da lui e da chi ha avuto la libertà di seguirlo.
“E’ la proposta di un modo diverso di porsi rispetto agli altri, che ha solo in se stesso la sua forza e solo nel riferimento al Cristo la sua giustificazione. Ciò comporta anche la conseguenza di saper rinunciare a valutare con criteri correnti, di successo e di proselitismo, la diffusione e l’affermazione della fede. Tutte le durezze e le sofferenze della vita, tutto il male che si può soffrire nel mondo vanno posti sotto il segno della grazia. E’ questa la realtà profonda della vera obbedienza: il saper rinunciare ad ogni prospettiva che vada al di là degli eventi che accadono, saper rinunciare a governarli, a modificarli, a correggerli; e perciò saper rinunciare, nel rapporto con gli uomini, a tutto ciò che non è un semplice atteggiamento di accettazione e di amore gratuito.
Un modo di essere cioè che è e vuole risultare radicalmente alternativo alla prassi e ai criteri correnti del mondo, ma che insieme si realizza solo calandosi sino in fondo nel mondo, e quindi accettandolo nelle sue molteplici realtà. Ciò che supera la contraddizione è la penetrazione del significato dell’incarnazione di Cristo: l’incarnazione non esiste né ha senso senza il mondo e la società in cui si attua; seguire Cristo risponde alle stesse condizioni, si realizza pienamente solo riproponendo l’atteggiamento di fondo che è connaturato all’incarnazione, ma in termini insieme capaci di misurarsi con le realtà e i problemi del proprio tempo”.
Lo storico coglie la ragione più intima del genio di un santo, che ha vissuto gli inizi di un’epoca nuova, quella comunale, sul suolo italiano; egli suggerisce un giudizio e un esempio per la nostra patria che come tutto il mondo occidentale vive il travaglio di una progressiva scristianizzazione e che ha bisogno del contributo dei credenti per costruire un proprio volto più autentico.