11 minuti di discorso per aprire la 71esima Assemblea Generale della Cei, con riuniti tutti i vescovi e cardinali italiani: Papa Francesco ha parlato di crisi delle vocazioni, delle possibili migliorie “pratiche” nelle Diocesi ma ovviamente anche dei motivi profondi che vedono la Chiesa in piena sfida epocale sulla comunicazione e la testimonianza di Cristo al popolo italiano. Bergoglio ha spiegato le sue tre principali preoccupazioni ai vescovi italiani: il calo delle vocazioni, gli scandali finanziari che hanno colpito alcune diocesi e la necessità di ridurre/accorpare le troppe diocesi presenti sul nostro territorio. «Non lo dico per bastonarvi: vi dico le mie preoccupazioni e poi vedete voi», ha aperto in maniera insolita il Santo Padre davanti alla platea di porporati. Per trovare un giusto sunto delle tre importanti preoccupazioni del Pontefice, Vatican News le ha raccolte perfettamente: «Se in Piemonte ci sono poche vocazioni e in Puglia tante, pensate ad una condivisione “Fidei donum” dei sacerdoti. Gestite sempre in modo trasparente le risorse delle diocesi e se invitate qualcuno a cena usate i vostri soldi, non quelli della Chiesa. E infine riducete il numero delle diocesi, accorpando le più piccole, come già chiedeva Paolo VI nel 1964». Sono tutte parole originali di Papa Francesco che nel corso del discorso iniziale ha avanzato l’intero svolgimento delle possibili “soluzioni” da iniziare a ponderare in questa tre giorni di Assemblea Generale della Cei, presieduta dal Presidente Bassetti.
LA CRISI DELLE VOCAZIONI
«Il frutto avvelenato della cultura del provvisorio, del relativismo e del culto del denaro, che allontanano i giovani dalla vocazione, insieme agli scandali e l’alla testimonianza tiepida»: questo ha portato all’emorragia di vocazioni tanto in Italia quanto in Europa e non è un elemento da mettere in secondo piano, spiega il Papa. «Pensate una creatività bella vediamo se ne siete capaci; è la nostra paternità che è in gioco qui». Passando alla seconda preoccupazione espressa dal Pontefice, in Italia è sempre più grave la mancanza di «povertà evangelica e trasparenza. Senza povertà non c’è zelo apostolico, vita di servizio agli altri. È una preoccupazione che riguarda il denaro e la trasparenza. In realtà chi crede non può parlare di povertà e vivere come un faraone. Tante volte si vedono queste cose. È una controtestimonianza parlare di povertà e fare vita di lusso, è uno scandalo gestire i beni chiesa come personali», racconta ancora Papa Francesco strigliando alcuni sacerdoti che in questi anni hanno gestito molto male l’economia delle parrocchie e delle diocesi. «Mi fa molto male sentire un ecclesiastico che si è fatto manipolare da qualcuno o ha addirittura gestito in maniera disonesta “gli spiccioli della vedova”. Noi abbiamo il dovere di gestire con esemplarità, con regole chiare e comuni. Ciò per cui un giorno daremo conto al padrone della vigna. Penso a uno di voi che conosco bene che mai, mai, mai invita a cena con i soldi della diocesi, paga dalla sua tasca. Sono piccoli gesti, ma importanti».
Poi rilancia sulla possibile riforma interna già annunciata anni fa addirittura da Papa Paolo VI: «Ma credo ci siano alcune diocesi che si possono accorpare. Questa questione della riduzione delle diocesi italiane l’ho già sollevata il 23 maggio 2013: si tratta di una esigenza pastorale studiata e esaminata più volte già prima del concordato del ’29. Poi Paolo VI nel 64 parlò di un “eccessivo numero delle diocesi” e successivamente, il 23 giugno ’66, tornò sull’argomento incontrando l’assemblea della Cei e dicendo che è “necessario ritoccare i confini di alcune diocesi; ma più che altro si dovrà procedere alla fusione di non poche diocesi». Per permettere questo, il Papa pensa ad una maggiore attività pastorale efficace ed unitaria che permetta una maggiore “condivisione” e “mobilità” dei sacerdoti all’interno di più diocesi.