Egregio direttore,
rispondendo ad alcune provocazioni, un amico ha pensato bene di condividere con me l’articolo “Libertà di educazione, apertura alla ragione”.
Mi ha molto colpito.
Sono mamma di due bambini in età scolare, per i quali cerco ovviamente il massimo bene, anche nel condividere con altri soggetti – scuola e chiesa in primo luogo – la cura educativa nei loro confronti.
Vorrei crescessero liberi e consapevoli, traboccanti di simpatia per il mondo e per l’uomo, come è stata la Chiesa nel Concilio Vaticano II, cui alcuni passaggi dell’articolo mi hanno fatto pensare.
So, però, che nonostante i luminosi esempi citati anche nell’articolo, l’ascolto, il dialogo, l’esercizio critico, il confronto con la vita vera, sono atteggiamenti e scelte ancora molto distanti non solo nella scuola, ma sopratutto nella vita ecclesiale quotidiana. Chi li assume, anche come scelta educativa, non è ben visto.
Mi piacerebbe, egoisticamente, poterlo dire riferendomi al solo clero, ma da laica so di poter essere insuperabile in ottusità di mente e durezza di cuore. Non sono poche le occasioni in cui scruto nello specchio l’insospettabile “bacchettona” che mi abita…
I miei figli sono cure efficaci per questo male. Mi costringono alla ricerca delle ragioni più vere, vive e provate, delle strade che propongo loro. Anche per questo sono grata di essere madre. E riconoscente a quanti, incontrando i miei esigenti bambini, hanno saputo e sapranno nutrirne la libertà.
La ringrazio e le auguro buon lavoro.
Monica Tola, Roma