In una zona remota della Cambogia, tre fratellini e quattro amichetti, il più grande di 15 anni, sono morti asfissiati in un pozzo, dove si erano calati per recuperare delle monetine del valore totale di 75 centesimi. Il papà le aveva fatte cadere mentre tirava su l’acqua. Una tragica fatalità, per il gesto sconsiderato dei ragazzini. Eppure a 15 anni in quel paese sei uomo, conosci il lavoro e il valore dei soldi. Infatti la disperata sorellina di uno di loro, in lacrime, ha spiegato che “la somma di denaro era molto elevata per gente come noi”. Insomma, valeva la pena rischiare la vita, per meno di un euro.
Mi segnalano questa storia, arrivata fortunosamente tramite un’agenzia che benemerita sa guardare agli angoli sperduti del mondo, e penso alle “periferie esistenziali” evocate tante volte da papa Francesco. Fatico ad immaginare una periferia più lontana di Sien Roap, sperduto nord di un paese isolato e soggetto a un regime anacronistico, violento, che costringe la popolazione a una povertà vergognosa, mentre pochi notabili di partito prosperano nella corruzione. Una monarchia assoluta e tutelata da pretoriani, una dittatura che spara sui lavoratori, mentre protestano per ottenere risibili aumenti salariali, come è accaduto lo scorso gennaio e perfino il primo maggio, funestato da decine di feriti per un corteo organizzato dalle opposizioni.
Il salario di un operaio si aggira sui 90 dollari al mese, un tenore di vita appena dignitoso, laggiù, ne richiede almeno il triplo. Se sei donna, ti tocca un stipendio più basso. Se sei contadino, è normale mantenere la famiglia con meno di 40 dollari al mese. Meno di un dollaro, su 40, equivale a oltre 50 euro sui nostri poveri 2000 mensili: sempre pochi per morire, ma cominciamo a capire le proporzioni. E si comprende perché, cliccando la voce “Cambogia” sulla rete, spuntino a decine i siti prolifici di indicazioni allettanti, su come trasferirsi e investire in un paese “pacifico, democratico, pluralista, perennemente neutrale…”.
Costo della vita contenuto, facilitazioni agli stranieri che portano soldi, appartamenti con ogni confort a prezzi stracciati (23mila euro per una villa sul mare, ad esempio), ottimi affari, paradiso della manodopera a basso costo, degli speculatori. Meno male che non si parla apertamente di tante bambine e bambini a disposizione per passare il tempo, e della possibilità di comprarli interi o a pezzi, dato che è pure il primo paese al mondo per traffico di minori e organi umani.
Così va il mondo, e quello è troppo lontano per occuparcene. Non possiamo farci nulla: ma poiché sospirare e dimenticare in fretta lasciano l’amaro in bocca, e accrescono il senso d’impotenza e il cinismo, possiamo almeno pensare.
Conoscere, e far conoscere che dittature abominevoli siano tollerate dalle potenze mondiali; possiamo sostenere le Ong coraggiose che dal silenzio trasmettono notizie e operano per sostenere le persone; ma soprattutto, possiamo guardare in altro modo alle periferie a noi più vicine, osare attraversarle, lasciarsi ferire, e riflettere. Se quei bambini fossero riusciti a venire in Italia, con le loro famiglie, avremmo avuto cuore di mandarli indietro? La crisi drammatica che attraversiamo, così lunga e dura, davvero non ci permette di uscire, e guardare a chi sta peggio di noi? Moralismo, buonismo, fin troppo facili. Ma qualche volta farsi domande è l’unica cosa che resta per sentirci ed essere uomini.