Scoperti 1.200 siti razzisti e anti semiti. Il consigliere sulla sicurezza informatica del Viminale, Domenico Vulpiani, ha riferito l’allarme lanciato dalle commissioni Affari Costituzionali ed Esteri della Camera che stanno conducendo un’indagine conoscitiva sull’antisemitismo on line. Secondo i dati forniti dal Viminale, con l’esplosione di Facebook, Twitter e dei social network, si è registrato un aumento del 40% rispetto al 2008. Infatti i siti e i gruppi di discussione di natura razzista scoperti e monitorati dalla Polizia nel 2009 sono stati 1.200 rispetto agli 800 dell’anno precedente. Un incremento da non sottovalutare tenendo conto anche delle difficoltà di intervento per la rimozione dei siti stessi dalla rete.
Nella maggior parte dei casi si tratta di pagine in cui si trovano materiali di propaganda, video e canzoni di stampo razzista. Nel corso dell’audizione Vulpiani ha anche fornito un elenco delle indagini condotte dalla polizia postale (tra cui quella che ha consentito di individuare e denunciare il soggetto che mise una lista di oltre 150 professori di origine ebraica) ed ha spiegato la difficoltà per le forze di polizia di intervenire di fronte a casi come questi proprio per la linea sottile che distingue le tesi espresse nella maggioranza di questi siti tra l’espressione di opinioni personali ed espressioni in cui si possono riscontrare ipotesi di reato.
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– Altro grande problema per gli investigatori è che tutti i siti individuati sono appoggiati su server all’estero che, dunque, impediscono l’intervento della legislazione italiana. Per i siti che invece si riesce a chiudere il problema si pone dalla facilità con cui rinascono spesso identici nei contenuti e magari con un nome molto simile al precedente e così facilmente rintracciabili dai propri utenti.
Il consigliere del Viminale ha dunque sottolineato ai commissari la necessità di adeguare la legge Mancino del 1993 ("Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa") alle nuove esigenze investigative e allo stesso tempo di favorire ed accelerare la collaborazione di polizia e giudiziaria con gli altri paesi e con le società che gestiscono i social network, come di fatto avviene già tra polizia postale e Facebook.