E’ un caso emblematico ma non unico quello che vede protagonista una donna di Torino, vittima di stupro nel 2011 ma che non sarà risarcita dal suo aggressore né dallo Stato italiano. La vicenda è raccontata da La Stampa che rivela il motivo per il quale alla vittima non sia stato riconosciuto il risarcimento. Ciò sarebbe avvenuto in seguito all’interpretazione da parte del Tribunale torinese di una direttiva della Comunità europea, secondo la quale nel caso in cui l’aggressore sia indigente, la vittima sarà risarcita dallo Stato. In questo caso però, verrebbe meno anche questa seconda possibilità poiché, secondo quanto scritto dai giudici, la donna “non avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per ottenere quel risarcimento direttamente dall’uomo che l’ha violentata”. Una spiegazione bizzarra e destinata a fare non poco discutere.
I fatti risalirebbero al 22 ottobre 2011, quando la vittima fu aggredita alle spalle da un uomo 40enne italiano, mentre stava per rincasare dal lavoro. Fu stuprata e rapinata e dopo l’individuazione del responsabile, l’aggressore fu condannato a 8 anni e 2 mesi di reclusione. Eppure, a causa della sua condizione di indigenza, la donna non riceverà da parte dell’aggressore alcun risarcimento per la violenza subita. A tal fine la malcapitata si è affidata alla Direttiva Ce numero 80 del 2004 in difesa delle vittime di reati violenti sessuali, rivolgendosi al Tribunale civile di Torino e chiedendo il risarcimento da parte della presidenza del Consiglio dei ministri. Ricorso che tuttavia è stato respinto poiché i giudici hanno ritenuto che lo stupro e la rapina non darebbe diritto di per sé al risarcimento. La vera beffa consiste nel fatto che la donna, secondo il Tribunale, “è chiamata a dimostrare che lo stupratore non sia in grado di pagare perché indigente”. Questa interpretazione non ha prodotto il risultato sperato, a differenza di quanto avvenne a Milano, quando la Presidenza del Consiglio è stata chiamata a risarcire madre e figlia, rapinate e stuprate, con 220 mila euro.