“Il prossimo Papa potrebbe anche non essere europeo”. Non ha fatto in tempo ad atterrare a Fiumicino che il patriarca copto-cattolico emerito di Alessandria d’Egitto, il 78enne cardinale Antonios Naguib, ha guadagnato l’onore delle cronache con questa sua affermazione, tra l’auspicio e la profezia. Di certo c’è che l’opinione – e la coscienza – dei cardinali non italiani si sta facendo sentire già in queste prime congregazioni. Dalla giornata di martedì emergono infatti novità apparentemente non eclatanti ma che, proprio in quanto novità che si impongono in Vaticano, vanno analizzate e soppesate con attenzione. Ne parliamo con Ignazio Ingrao, vaticanista di Panorama, autore di un libro, “Il concilio segreto” (in uscita per Piemme il 12 marzo prossimo) che tratta per l’appunto uno dei temi “caldi” nella discussione all’interno del Collegio cardinalizio.
Padre Lombardi, nel consueto briefing al termine della Congregazione del mattino, ha annunciato che né martedì né mercoledì ci sarebbero state le previste assemblee pomeridiane. Una novità: come la interpreta?
È una decisione significativa, anche se è stata presentata in maniera “piana”. Una sola assemblea plenaria al giorno lascia spazio a incontri ristretti, riservati, senz’altro più informali, che danno la possibilità ai cardinali, soprattutto quelli stranieri, di informarsi e conoscersi con più libertà. È comprensibile che un’assemblea di 150 persone sia invece un po’ più “ingessata”. Ma questa decisione, che è stata presa assemblearmente durante la terza Congregazione, quella di martedì mattina, ci dice anche un’altra cosa: tra i cardinali ha prevalso l’ala di chi preferisce tempi di preparazione più lunghi, per arrivare poi ad un Conclave breve, su quella del “voto subito”.
Segnale positivo oppure foriero di preoccupazione per contaminazioni esterne?
Più che altro, segnale che i cardinali non di curia, soprattutto quelli che vengono da più lontano, vogliono comprendere di più quello che è successo recentemente tra le mura vaticane. Da “convitato di pietra” il rapporto della commissione voluta da Benedetto XVI dopo la questione Vatileaks sta diventato uno – non l’unico, né il più decisivo anche se importante – degli elementi della discussione tra i cardinali. Non per niente ben tre presuli, il tedesco Walter Kasper e gli statunitensi Donald William Wuerl e Francis George – arcivescovi rispettivamente di Washington e di Chicago – hanno chiesto pubblicamente, durante la Congregazione, di saperne di più.
E se ne saprà di più?
È una questione irrisolta, per due ordini di motivi. Il primo è di ordine giuridico: tutte le persone coinvolte nei lavori della commissione, non solo i tre cardinali e il segretario, ma anche tutti gli interrogati, sono vincolati dal segreto pontificio. Il secondo è legato alle indicazioni date dal Papa ai commissari. Teniamo poi conto che da parte di alcuni, di area curiale, c’è una forte resistenza ad approfondire la conoscenza di quanto emerso dai lavori della commissione, al punto di chiedere che l’informazione si fermi a quanto pubblicato dall’Osservatore Romano. All’estremo opposto c’è chi vorrebbe un’esposizione molto più dettagliata. Una cosa è certa: non è stato definito – almeno finora – alcuno spazio per un intervento dei tre cardinali commissari.
Il calendario dei lavori è già completamente stabilito o c’è margine per qualche ulteriore cambiamento, dopo quello di ieri?
Diciamo che questa è un’altra novità rispetto all’organizzazione ratzingeriana del 2005, una novità tutta ancora da interpretare. A differenza di allora, non sono stati previsti spazi per le relazioni dei responsabili dei principali dicasteri curiali, relazioni che nelle precedenti Congregazioni rappresentavano poi la base delle discussioni dei cardinali. Potrebbe essere solo una differenza tra organizzazione di stampo tedesca o all’italiana, ma potrebbe invece essere una precisa volontà di non toccare troppo alcuni centri nevralgici. Quale delle due interpretazioni sia quella più realistica lo vedremo nei prossimi giorni.
La diversa organizzazione delle Congregazioni prelude quindi a tempi più lunghi, e inoltre mancano ancora quattro cardinali elettori. Possono esserci problemi? Quando verrà decisa l’apertura del Conclave?
Penso che prima di giovedì o venerdì non si saprà nulla. La data del Conclave verrà decisa quando comincerà a delinearsi il profilo del nuovo pontefice e inizieranno a coagularsi le preferenze attorno a due/tre cardinali. Non penso proprio, invece, che ci possano essere problemi per l’arrivo degli elettori mancanti: il polacco Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, e il tedesco Karl Lehmann, vescovo di Magonza sono stati trattenuti da impegni particolari ma sono in arrivo; più preoccupazione destano il cinese John Tong Hon, vescovo di Hong Kong, e il vietnamita Jean-Baptiste Pham Minh Man, arcivescovo di Ho Chi Minh City, ma entrambi hanno il passaporto diplomatico e hanno assicurato che ci saranno. In Vaticano li aspettano.
(Daniela Romanello)