Un mezzo caso diplomatico tra Vaticano e Stato Italiano, nato, originato, modificato e “imboccato” dal giornalista esperto anche di questioni vaticane come Renato Farina. Lo abbiamo contattato per spiegarci cosa è successo davvero nella diatriba tra Stato e Tribunale Sacra Rota sulla vicenda dei matrimoni e della difesa dell’avvocatura: «nasce tutto dalla semplice osservazione della realtà. Ho notato che dopo la riforma di Papa Francesco c’era una piccola ma sostanziale anomalia tra i vari passaggi dell’editto. Mi sono informato con avvocati rotali e abbiamo scoperto l’arcano sulla nullità di un sacramento», risponde così il collega ha risposto gentilmente ai taccuini del Sussidiario. «Bergoglio ha giustamente voluto rendere meno complesso e molto meno lento il percorso della Chiesa per arrivare a giudicare un sacramento, che sia valido o no, come il matrimonio. Peccato che il Decano della Sacra Rota (come fosse il nostro presidente del Tribunale, ndr) ha scritto queste regole con molte questioni lodevoli e corrette, aggiungendo una nota molto strana». Farina spiega come il decano aveva inserito la facoltà dello stesso Tribunale Ecclesiastico di togliere l’avvocato di fiducia senza giusta causa ad entrambe le parti in causa, «e questo per me è una contraddizione alle norme di diritto che ha anche la Santa Sede. Non solo, in più c’era un vulnus aggiuntivo visto che lo stato Italiano, riconoscendo questa riforma per Concordato, accettava una simile norma. Mi sono stupito di come i sempre attenti vaticanisti su ogni questione anche minima, non abbiano “notato” questo elemento davvero sostanziale», commenta con una punta di ironia il buon Farina. «Il Papa a questo punto, dopo che Brunetta si è mosso in seguito ai miei articoli, deve essere intervenuto in qualche modo e “tramite” Parolin e l’articolo di Tornielli è tornato sui propri passi correggendo subito la svista del Decano». E la morale della storia? «Beh, mi colpisce come anche davanti a fatti complessi come questi la Chiesa si è dimostrata in grado di ascoltare la povera gente come me e come tanti altri pongono dubbi o questioni. La Chiesa ascolta le intenzioni degli uomini, è forse l’informazione dei vaticanisti che a volte manca un po’…». Chiediamo infine al giornalista, «ma quindi possiamo dire che Farina ha riformato la Sacra Rota?», replica simpatica, «ma no dai, semmai Farina ha semplicemente aiutato a corregge un errore e la Chiesa ha trovato il coraggio di emendare le “presunzioni” dei suoi umili servitori».
Un caso spinoso ora quasi del tutto risolto: eppure per gli attenti osservatori delle vicende “vaticane” quanto avvenuto in questi giorni con il tribunale ecclesiastico della Sacra Rota finito nel nostro Parlamento ha dell’incredibile e nasce da due vicende molto semplici ma che hanno scatenato un mezzo caso diplomatico. Nasce tutto con la riforma del processo matrimoniale voluta motu proprio nel 2015 da Papa Francesco; in uno dei passaggi normati dal Decano Della Sacra Rota, Monsignor Pio Pinto, viene attribuito al tribunale supremo della Chiesa la scelta ex officio degli avvocati. Con buona pace della libertà di scelta e del diritto di difesa; intervenendo al nostro quotidiano, il giornalista Renato Farina ha spiegato come l’interno del Papa è stato quello di velocizzare le cause del tribunale vaticano (notoriamente lunghissime e molto complesse, anche per l’esborso notevole) per riconoscere se un matrimonio è valido oppure no per la Chiesa. Una materia complessa e delicata che giustamente è stata presa in considerazione dal Parlamento Italiano e accolta, in base agli accordi del Concordato tra Stato e Chiesa; resta però quel punto rimasto equivocato e che metteva in forte rischio la legittimità stessa delle norme di diritto cui anche il Vaticano è dotato come Italia e Europa. A quel punto Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia, nota l’articolo di Farina e le interviste a Radio Radicale fatte dal giornalista e decide di agire anche in parlamento italiano, con una interpellanza depositata il 28 febbraio e modificata il 6 marzo, Brunetta evidenzia che la Rota romana emette sentenze di nullità che in forza del Concordato vengono “delibate” (ratificate) in Italia. E questo è il punto dolente. Cassare la possibilità delle parti di scegliersi un avvocato di fiducia, osserva il capogruppo, “non può non imporre gravi interrogativi”. Oggi il Governo ha risposto dando ragione al parlamentare FI e riconoscendo come il Governo può pronunciarsi sul rispetto o meno del “diritto di difesa” nei procedimenti davanti ai tribunali ecclesiastici, ai fini della delibazione della sentenza di competenza del giudice nazionale, ha riportato il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore. Tutto questo però era già stato “sistemato” dal Vaticano stesso: al pasticcio creato dal decano della Rota romana è dovuto intervenire il Papa, che ha sistemato le cose con una lettera del suo segretario di Stato. Scrive il cardinale Pietro Parolin a monsignor Pinto, alla Segnatura apostolica e al Pontificio consiglio per i testi legislativi: “Il Santo Padre ha espresso la volontà che sia rispettato il diritto di ogni fedele di scegliere liberamente il proprio avvocato”. Quindi si modifichi immediatamente il decreto che impediva ai fedeli di avvalersi di un avvocato di fiducia. La lettera è del 18 febbraio. Ma non era stata resa pubblica, se non in questi giorni da Andrea Tornielli per Vatican Insider. (Niccolò Magnani)