Oggi 9 maggio si celebrà l’anniversario della morte di Peppino Impastato, attivista, giornalista e politico ucciso dalla mafia 37 anni fa. Non c’è generazione che non conosca il nome di Peppino Impastato: la sua, d’altronde, è una di quelle storie che non possono, e non devono, cadere nel dimenticatoio, in quanto quello della libertà di stampa è ancora un concetto tremendamente attuale. Giuseppe Impastato, Peppino per tutti e non solo per gli amici, nacque in Sicilia nel 1948.
La sua era una delle famiglie mafiose più potenti di Cinisi, un piccolo borgo del palermitano dove tutti, o quasi, finivano con l’aggregarsi alla criminalità organizzata. Ma non Peppino, che sin da giovane contrastò le attività illecite del padre (al punto tale da essere sbattuto fuori di casa) e, malgrado le sue origini, a soli vent’anni avviò un’incredibile campagna antimafiosa. Il successo della sua attività culturale e politica fu tale da attrarre molti suoi coetanei, che lo promossero a dirigente del locale gruppo comunista e ne incoraggiarono la carriera da giornalista, iniziata all’età di 23 anni. Impastato fondò “L’Idea Socialista”, un insieme di fogli dattiloscritti che non avevano nulla a che vedere con i quotidiani dell’epoca.
Le notizie non subivano censure, la verità era la linea editoriale di quel coraggioso gruppo di cronisti e redattori gestiti da Impastato, che furono vittime di un gran numero di denunce e querele. La prima avventura editoriale di Peppino, tuttavia, non ebbe vita lunga: dopo un rapido processo, le pubblicazioni furono interrotte. Il giovane palermitano, a questo punto, decise di dedicare anima e corpo alle lotte contadine, in occasione della protesta che molti proprietari terrieri condussero nei confronti del progetto di ampliamento dell’aeroporto di Palermo. Era il 1968, tempo di rivolte e di ribellioni in ogni angolo d’Italia, e in Sicilia, Peppino si distinse per la tenacia, la determinazione e la voglia di cambiare il paese. Da poeta e cronista si era trasformato in uno degli attivisti più credibili del Meridione, al punto tale che anche i mafiosi iniziarono a temerlo. Dopo varie avventure di tipo politico, nel 1976 Peppino fondò Radio Aut, una radio completamente autofinanziata e, quindi, libera. Dai microfoni della sua piccola e spartana redazione, denunciò senza peli sulla lingua tutte le malefatte, gli affari loschi e i delitti commessi dalle principali famiglie mafiose di quell’angolo di Sicilia, inclusa la sua ovviamente, dal momento che non aveva più alcun tipo di rapporto né con i suoi genitori e né con i parenti più stretti. Il suo bersaglio principale fu il boss Gaetano Badalamenti, all’epoca responsabile di vari omicidi e coinvolto in un traffico internazionale di droga all’interno dell’aeroporto di Palermo.
Particolarmente seguita era la trasmissione satirica “Onda pazza”, durante la quale Peppino era solito sbeffeggiare gli uomini politici e i mafiosi, e furono proprio questi servizi, esilaranti e coraggiosissimi, a costargli, molto probabilmente, la vita. Due anni dopo la fondazione di Radio Aut, Impastato pensò bene di rituffarsi a capofitto nella politica: si candidò alle elezioni comunali del 1978 nella lista di Democrazia Proletaria ma non riuscì a portare a compimento la sua campagna elettorale, perché nella notte tra l’8 e il 9 maggio fu ucciso, in maniera becera e cruenta, nello stesso momento in cui a Roma veniva trovato il cadavere del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Il corpo di Impastato, anzi, quel che ne rimaneva, fu rinvenuto sui binari della ferrovia di Cinisi, accanto a lui, c’era una carica di tritolo esplosa: l’intento di coloro che lo assassinarono fu, chiaramente, quello di farlo apparire come un attentatore suicida. Nessuno, ovviamente, credette mai a quella storia, sapendo quanto Peppino Impastato avesse lottato per rendere migliore la Sicilia. Sono trascorsi 37 anni da quel tragico epilogo, dalla fine di quella straordinaria avventura di un cronista col pallino della politica stroncato, sul più bello, da un potere talmente forte che ancora oggi è impossibile contrastarlo.