«Finalmente arriva un decreto, dal momento che i mezzi usati fino ad ora per fare chiarezza sugli effetti della sentenza erano tutti destinati a rivelarsi insufficienti. Questa era la via da seguire fin da subito». Marco Olivetti, ordinario di diritto Costituzionale all’università di Foggia, concorda con l’opportunità di intervenire sul caso di Eluana, in questo momento, con un decreto d’urgenza, prima di avviare e portare a compimento la «via maestra» di una legge vera e propria che regoli un settore in cui la sentenza sul caso Englaro ha generato molta confusione.
Professore, in che modo il decreto legge può in questo momento dire una parola chiara sulla vicenda Engaro?
Abbiamo avuto una sentenza della Corte di Cassazione che ha cambiato radicalmente il contesto normativo nel quale si situa la problematica del fine vita. Anche se il potere giudiziario non può dettare atti normativi, i principi che vengono stabiliti dalla Corte di Cassazione orientano le decisioni che vengono prese dagli organi di grado inferiore. Questa sentenza ha introdotto un elemento nuovo, per cui il consenso del paziente non solo è necessario per essere sottoposti a determinate cure, ma anche per continuarle, e quindi se non c’è il consenso devono essere interrotte; inoltre ha considerato cure anche l’idratazione e l’alimentazione; infine ha ritenuto che si possa provare la presunta volontà del paziente anche facendo riferimento ai suoi stili di vita. Questi tre punti hanno dato la cornice al modo con cui è stato successivamente affrontato il caso Englaro.
La sentenza ha dunque introdotto una sere di elementi problematici, che hanno reso la situazione molto complessa: come uscirne?
La via maestra è appunto quella dell’intervento legislativo che normi questo settore, che oggettivamente non è stato regolato da una legge ad esso appositamente riferita. I principi che regolavano questo settore erano quelli che il nostro ordinamento aveva in vigore da moltissimo tempo, in particolare il principio in base al quale la soppressione di una vita umana dà luogo al reato di omicidio e quindi non è possibile procedervi per vie legali e in una struttura pubblica. Essendo allora necessario un intervento legislativo, come è noto si può procedere o con una legge normale, che è la via maestra, o con un decreto legge, in casi straordinari di necessità e di urgenza. In questo caso mi pare che la necessità e l’urgenza siano evidenti, perché si tratta di evitare un danno irreparabile che è quello della morte di una persona.
Quindi non c’è il problema di un intervento invasivo del governo?
In effetti l’altro problema che si pone è quello che si interferisce direttamente con un atto del potere giudiziario. Il legislatore questo lo può fare con una legge di interpretazione autentica; solitamente non può invece incidere direttamente sulle sentenze dei giudici in relazione ai casi concreti. Ciononostante a me sembra che la particolarità del caso possa giustificare questo tipo di intervento.
Si è parlato molto anche di un possibile intervento del presidente della Repubblica, che avrebbe espresso dubbi sul decreto.
Come è noto il governo delibera in consiglio dei ministri, e poi il decreto deve essere emanato dal Capo dello Stato; quindi il consenso del presidente è necessario come requisito formale del decreto. Tuttavia la logica di questo consenso del presidente non è quello di sostituirsi alla valutazione del governo, ma di intervenire su altri temi come la necessità e l’urgenza. Ne consegue che il presidente ha certamente il diritto di far presente dei rilievi, ma ove il governo insistesse è tenuto ad emanare il decreto. Anche perché la legittimità è data dal rapporto di fiducia tra governo e parlamento; eventualmente saranno poi gli organi di controllo, come la Corte di Costituzionale, a decidere sull’eventuale ammissibilità.
Ieri si è discusso anche di un possibile intervento della procura della Repubblica di Udine, per accertare la reale volontà di Eluana: quali sarebbero i rilievi giuridici di questo intervento?
In effetti all’interno della sentenza della Corte di Cassazione si lasciava aperto il problema di stabilire quale fosse la volontà di Eluana, e la si ricostruiva in base alle opinioni e agli stili di vita. Una delle obiezioni è stata quella di aver preso in considerazione soltanto determinate fonti di prova, in particolare quelle avanzate dal padre. Questa valutazione è stata auspicata da molti, e sulla base di altre testimonianze c’è lo spazio per giungere a una conclusione diversa. Il valore di precedente della sentenza (anche se non formale, com’è nel nostro ordinamento) rimarrebbe, e quindi rimane il fatto che l’intervento legislativo è necessario. Ma resta comunque che quella sentenza, pur molto criticabile, comunque fissava certe garanzie che non vengono nella sentenza stessa rispettate.
Ora la via maestra dell’intervento legislativo è stata avviata, con il dibattito in parlamento sul testamento biologico. E già si sono alzate polemiche a proposito della legittimità costituzionale o meno di certe proposte. In che modo va interpretato correttamente l’articolo 32, che viene tanto invocato di chi sostiene fino in fondo l’autodeterminazione del paziente?
L’articolo 32 è una disposizione che nasce in un contesto totalmente diverso da quello in cui ora si cerca di applicarlo. Contiene elementi fortemente anticipatori: la salute come elemento individuale e non solo come interesse collettivo, e un limite ai trattamenti sanitari. La dottrina ha visto in questo articolo la base del principio del consenso informato, e su questo c’è un accordo ampio. I problemi incominciano quando bisogna distinguere tra il dare consenso alle cure e l’interrompere le cure già iniziate. In alcuni casi, infatti, ci si troverebbe di fronte ad atti che hanno specificamente una finalità eutanasica, e questa era tutta l’ambiguità del caso Welby, che si collocava su un difficile crinale. L’articolo 32 infatti non garantisce il diritto di essere aiutati a morire, e pone il diritto alla salute, che non può certo essere tramutato nel suo contrario: anche se il cuore dell’articolo è il diritto ad autodeteminarsi, questo non può trasformarsi nella soppressione della vita umana.