Siamo portati a dire che non c’è più religione, che i valori del cristianesimo sono in crisi. E l’Islam, da occidentali, a volte ci spaventa, per come viene travisato dai fondamentalisti. Eppure, le religioni di tutto il mondo hanno serie probabilità di successo contro la loro storica nemesi: l’ateismo. Basta dire che il Terzo Congresso Mondiale degli Atei, previsto a Melbourne, in Australia, dal 9 all’11 febbraio 2018, è stato cancellato per mancanza di interesse, per comprendere che il periodo per i “senza Dio” è di quelli complicati. Ad ammetterlo sono stati gli stessi organizzatori sul loro sito ufficiale, ammettendo che la domanda di partecipazione al convegno è stata talmente inferiore alle aspettative da portare all’annullamento di quella che in tutto il mondo è conosciuta come Global Atheist Convention, e che il prossimo anno avrebbe avuto il titolo di “Reason to Hope”. La traduzione? “Ragione per sperare”: eppure, stando ai numeri, sembra che solo un miracolo possa risollevare le sorti degli atei, a patto di crederci.
LE RAGIONI DEL FLOP
Ma cos’ha portato al flop dell’ateismo? All’ultima convention, nel 2012, avevano partecipato circa 4000 persone. Numeri non entusiasmanti se pensiamo che il convegno dovrebbe richiamare tutti gli atei del mondo, ma allo stesso tempo tali da giustificare la realizzazione di un evento ad hoc. La Global Atheist Convention 2018 poteva contare per giunta sulla partecipazione di un vero e proprio big: lo scrittore indiano Salman Rushdie, autore del libro I versi satanici, contro cui l’ayatollah iraniano Khomeini invocò nel 1989 la fatwa, ovvero la condanna a morte per contumacia. Ad addolorarsi della mancata riuscita dell’evento, come riportato dal Sidney Morning Herald, è stato perfino un prete: padre Michael Jensen. Il suo pensiero è che alla fine un fervente attivista del mondo ateo sia paragonabile ad un credente. La fede in qualcosa, insomma, è sempre auspicabile: anche se questa nega l’esistenza di Dio. Per questo motivo il flop del congresso mondiale degli atei è da leggere come il segno dei tempi: viviamo in un mondo talmente privo di ideali, che anche non credere provoca noia.