La Corte di Cassazione ha confermato le condanne all’ergastolo a carico di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, entrambi accusati per la strage di Brescia in piazza della Loggia, nel maggio 1974. Una vicenda che ha segnato la storia stessa del nostro Paese e che ha portato oggi all’arresto, da parte della Polizia portoghese – su segnalazione dei Ros – di Tramonte, raggiunto a Fatima. Per l’altro condannato, Maggi, il provvedimento gli è stato invece notificato dai Carabinieri del Ros nella sua abitazione di Venezia. Al Corriere.it, l’avvocato di Carlo Maria Maggi, Mauro Ronco, il quale ha commentato le attuali condizioni di salute del proprio assistito asserendo: “sta molto male, una situazione non compatibile con la carcerazione, ora deciderà la giustizia ordinaria il da farsi”. E la decisione, come rivela l’agenzia di stampa Ansa, sarebbe già giunta poiché, stando a quanto appreso da fonti investigative, il provvedimento per Maggi sarebbe stato sospeso e commutato negli arresti domiciliari. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
È durato poche ore il mistero relativo alla scomparsa di Maurizio Tramonte. Dopo la sentenza di ieri della Cassazione, che lo ha condannato all’ergastolo per la strage di Piazza della Loggia, risultava irreperibile. Poco fa è stato arrestato in Portogallo: sembrava sparito, ma è stato fermato dalla polizia portoghese su segnalazione del Ros nella località di Fatima. L’ex informatore dei servizi segreti risultava irraggiungibile da alcuni giorni e il cellulare era staccato: «Non ho parlato con lui dopo la sentenza, non ci siamo sentiti», aveva detto l’avvocato Marco Agosti. L’ipotesi, riportata dal Fatto Quotidiano, è che l’uomo si sia allontanato per evitare il carcere. Condannato anche Carlo Maria Maggi per la strage di Brescia, ma nel suo caso il provvedimento gli è stato notificato presso l’abitazione a Venezia dove è domiciliato, visto che è gravemente malato. (agg. di Silvana Palazzo)
Confermata la condanna all’ergastolo per il medico ed ex ispettore Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, entrambi accusati della strage di Brescia avvenuta nel ’74. La conferma della Cassazione, avvenuta ieri, ha accolto quindi la richiesta del pg Alfredo Viola, che ha premuto perché venisse convalidato il verdetto già emesso nel 2014 dai giudici di Milano. “Dopo 43 anni diritto e giustizia potranno coincidere dopo questo giudizio”, ha affermato Viola, ricordando in che modalità all’epoca siano state depistate le indagini. Ad ascoltare il verdetto, sottolinea La Repubblica, era presente anche il leader del Comitato a favore delle vittime, Manlio Milani. Si conclude quindi la lunga vicenda processuale, che in primo grado aveva portato di fronte ai giudici i cinque imputati. Nel 2010 infatti la Corte d’Assise di Brescia aveva confermato l’assoluzione per tutti. Oltre a Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, erano fragli accusati anche Delfo Zorzi, Pino Rauti e Francesco Delfino.
Un processo durato 43 anni e che nel corso delle diverse udienze ha vissuto più volte un ribaltamento del verdetto. Nel 2012 la sentenza di Appello aveva infatti confermato quanto stabilito nel 2010 per tutti gli imputati, mentre nel 2014 la Cassazione aveva voluto un nuovo processi per Maurizio Tramonte e Carlo Maria Maggi, oggi rispettivamente 65enne ed 80enne. Delfo Zorzi è stato l’unico ad ottenere l’assoluzione definitiva ed ora vive in Giappone sotto altra identità. E’ stato in particolare su Carlo Maria Maggi che si era concentrato il processo, a causa dei “moltissimi indizi che paiono essere convergenti verso un suo ruolo determinante nell’organizzazione” della strage di Brescia. Nell’appello bis, sede in cui erano state cominate le condanne con il massimo della pena, era stato confermato come la strage fosse riconducibile con sicurezza alla destra eversiva.
La strage di Brescia è avvenuta il 28 maggio del 1974, nel corso di una manifestazione indetta dal Comitato antifascita e dai sindacati contro il fascismo. Alle 10:02 esplose una bomba, posizionata all’interno di un cestino di rifiuti: morirono otto persone e vennero ferite altre 100. Le prime indagini portarono alla condanna all’ergastolo di Ermanno Buzzi, nel 1979, mentre Angelino Papa venne condannato a 10 anni di carcere. Entrambi erano stati confermati come esponenti dell’estrema destra. Buzzi venne ucciso appena due anni dopo dai detenuti Mario Tuti e Pierluigi Concutelli, entrambi neofascisti, a pochi giorni dall’inizio dell’appello. Buzzi venne indicato in seguito, nella sentenza di secondo grado (1982) come “un cadavere da assolvere”, così come Papa e gli altri sedici imputati. Un verdetto che la Cassazione, sottolinea Rai News, annullò nel 1984 ordinando un nuovo processo per Marco De Amici, Raffaele e Angelino Papa e Nando Ferrari.