E’ Pasqua anche nelle zone terremotate, tra le montagne di Abruzzo e Marche, dove centinaia di persone sono al lavoro per recuperare una propria vita, che da agosto scorso non esiste più. Una propria vita, fatta di qualità, ma anche di quotidianità. Quotidianità che significa portare a casa dei soldi a fine mese e poter comprare un uovo di cioccolata ai propri figli. Significa ricostruire aziende, capannoni, fabbriche. Significa mettere in piedi un ricovero per i propri animali.
Ecco, gli animali sono un altro problema da affrontare. Un terremoto nel terremoto. In questi giorni che hanno preceduto la Pasqua c’è stata un’intensa campagna di salvaguardia degli agnelli. Sì, proprio gli agnelli, quelli che vengono allevati a migliaia nelle zone terremotate, sulle montagne di Abruzzo e Marche. Agnelli che rappresentano la fetta più grande dell’economia di un intero territorio. Quegli animali che sono il bene più prezioso dei pastori, quelli raccontati da D’Annunzio. I pastori sono arrabbiati, vivono un dramma nel dramma. Hanno chiesto aiuto a Coldiretti per controbattere la moda del momento e ricordare che l’agnello da sempre rappresenta il pranzo di Pasqua per milioni di italiani.
Per rilanciare le zone terremotate è nata così l’iniziativa “Fai Pasqua da noi”, un invito a trascorrere le festività in agriturismo assaggiando i piatti della tradizione tra i quali la carne d’agnello. Alimento più rappresentativo del pranzo pasquale, appuntamento determinante per la sopravvivenza dei pastori poiché in occasione di questa festività si acquista quasi la metà della carne di agnello consumata dagli italiani durante tutto l’anno. Un’occasione per recuperare i piatti della transumanza tramandati da secoli (in Abruzzo agnello cacio e uova ma anche il cosciotto d’agnello) con l’effetto di consentire la sopravvivenza di un mestiere antico ricco di tradizione che consente la salvaguardia di razze in via di estinzione a vantaggio della biodiversità del territorio. “Ma quest’anno c’è una ragione in più — dice Coldiretti — perché portare la carne di agnello a tavola significa salvare il lavoro dei circa quattromila pastori terremotati che non hanno ancora abbandonato le aree colpite dal sisma di Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria dove secondo la Coldiretti, solo nei 131 comuni del cratere, sono allevate 213mila pecore e capre”.
Sono giorni di festa, dove molte persone salvate e recuperate sotto le macerie hanno avuto modo di incontrare e ringraziare i propri salvatori, altre di rivivere il dramma della perdita di un proprio caro. Giorni di festa dove per un attimo si dimentica il Decreto terremoto, l’istituzione delle zone franche. Giorni dove tutti vorrebbero essere felici. Ma si scopre che proprio così non è. I ritardi nel pagamento dell’autonoma sistemazione a chi è stato costretto a lasciare la propria abitazione in seguito ai danni dei terremoti di agosto, ottobre e gennaio, hanno lasciato intere famiglie senza nulla, senza la possibilità di avere un degno pranzo di Pasqua. L’allarme arriva dalla Caritas che proprio per Pasqua si è trovata di fronte a famiglie che hanno dovuto mettere da parte la vergogna per chiedere un pasto. Gente che si sentiva comunque agiata fino a pochi mesi fa, e che ora è in fila per un piatto caldo, insieme a derelitti, poveri, migranti. A gente che da sempre lotta per avere il minimo. E su questa Pasqua dobbiamo riflettere. Proprio perché, per assurdo, potrebbe da un momento all’altro capitare a ciascuno di noi.