Una bella battuta, un po’ estemporanea, di Beppe Grillo alla festa dei 5Stelle a Parma rende bene il problema di fondo che sta seminando divisioni e malessere nella vita del movimento. “Buone queste salamelle, ma non sapete farle buone come quelle della festa dell’Unità”. Che c’entra la salamella con le dinamiche interne dei grillini? C’entra, perché tutto quello che sta accadendo e che rischia di rendere paradossalmente devastanti le recenti vittorie alle amministrative, è la riprova che attorno al rancore non si può costruire alla lunga un progetto politico. Il rancore è un sentimento che finisce con il mangiare i suoi figli, li mette gli uni contro gli altri, e li costringe a una coerenza tanto fanatica quanto impraticabile. Grillo, di cui tutto si può dire meno che non abbia fiuto medial-politico, istintivamente e quasi inavvertitamente ha colto una questione importante: non si può tenere insieme le persone attorno a un’ipotesi politica solo “anti”. Alla fine ci vuole un positivo, una visione, un ideale che faccia da collante. La metafora della salamella, indica proprio quello: un qualcosa che faccia stare insieme le persone, che crei coesione e anche unità.
Invece Grillo, chiunque abbia ragione – lui o i suoi sempre più numerosi e battaglieri oppositori interni – si è infilato in un vero cul de sac da cui non si capisce come riuscirà a sottrarsi. I fatti di cui siamo testimoni in questi giorni raccontano infatti di un movimento che non si divide su scelte politiche, ma su veri e propri processi alle persone che lo compongono. Da una parte Grillo non ammette deroghe alla natura rigorosamente anticasta del movimento e rovescia tutto il suo “fuoco” mediatico contro chi vien meno alle regole. Dall’altra i suoi oppositori insistono sulle zone d’ombra della gestione del Movimento, sull’incrocio tra Grillo e la società di e commerce, la Casaleggio Associati, che gestisce il suo blog e tutte le attività commerciali che ne derivano. Addirittura hanno fatto un esposto al garante per le comunicazioni, accusando il fatto che quella stessa società sarebbe proprietaria del marchio 5Stelle, cosa che Grillo ieri ha violentemente smentito.
La transizione da quello che era un movimento corsaro, capace di guadagnare consensi grazie alle sue incursioni contro tutto e tutti, a organizzazione chiamata alla gestione della cosa pubblica e ad essere quindi, volente o nolente, anche “ partito”, è molto complicata. E si ha la sensazione che Grillo non abbia nessuna intenzione di percorrerla, perché in quel quadro “normalizzato” lui non avrebbe spazio da ritagliarsi. La verità è che Grillo è l’esito estremo di quella mediatizzazione della politica a cui abbiamo assistito da 20 anni a questa parte.
In questa logica l’unica regola ammessa è quella plebiscitaria: non ci può essere nessuno spazio per le faticose e a volte farraginose dinamiche democratiche. Dobbiamo solo chiederci se le risse che stanno lacerando il movimento di Grillo sono i segni che quel modo di concepire la politica è arrivata al capolinea. Senza escludere l’ipotesi che le risse siano funzionali a un sofisticato disegno mediatico, per tenere sempre e comunque i riflettori accesi sul movimento. L’involontaria battuta sulla salamella lascia pensare che la prima ipotesi sia quella buona…