NEW YORK — “C’è confusione a Brooklyn?”. Quando ci è arrivato il messaggio della figlia che abita in Minnesota, a 1200 miglia da qui, eravamo ad una festa di compleanno. Non sapevamo proprio nulla di quello che era successo a Chelsea, quartiere bello, vivace, animato, sempre pieno di gente per le strade, come del resto la maggior parte di New York. Sabato sera, in un’estate che non sembra avere nessuna intenzione di lasciarci, tra ristoranti, pubs e locali di ogni genere sempre affollati, perché crisi o non crisi a New York sembra sempre esserci abbastanza gente per riempire tutto.
“An intentional act”, dice il sindaco Di Blasio nel corso della conferenza stampa che tutte le reti televisive mostrano in diretta verso le 11 di sera. Un atto intenzionale, insomma qualcuno ha voluto preparare una bomba fatta in casa e metterla in un cassonetto della spazzatura. Per fare del male, per affermare il male. Un atto intenzionale, una bomba, anzi due visto che ne salta fuori un’altra un paio di isolati più a nord. Chi è che non pensa ad un atto terroristico? Mancano ancora le conferme, e comprensibilmente le autorità sono molto guardinghe nell’uso delle parole. Ci dicono che al momento non ci sono indicazioni che facciano pensare ad un atto terroristico. Qui come ovunque si vuole continuare a vivere, si vuole continuare a pensare di poter camminare tranquillamente per le strade della nostra città. E per poterlo fare bisogna che quell’atto intenzionale abbia qualche oscura ragione che non sia quella di ferire il popolo americano. Perché vorremmo essere sicuri, certi del fatto che qui siamo a New York City e non ad Aleppo. E se i nostri bombardieri possono uccidere “per sbaglio” 60 soldati siriani non è possibile che 29 di noi capitino “per sbaglio” nel mezzo di una esplosione nel cuore di Manhattan.
Siamo in America, non in Siria, ma la vita e la morte hanno lo stesso peso. Un soldato siriano vale più di tutte le stelle del firmamento così come un soldato americano. Un ferito sotto le macerie da qualche parte nel medio oriente vale quanto uno dei poveracci coinvolti nell’esplosione di ieri sera. Le vittime dei tanti attacchi suicidi valgono quanto quelle persone accoltellate in Minnesota, a Saint Cloud, proprio dove vive quella nostra figlia. Un bimbo che nasce ad Aleppo vale come un bimbo che nasce a New York, come la nostra Grace Donata, l’ultima nipotina nata l’altro giorno.
Anche sotto le bombe restiamo fatti per la vita.