L’ultima intervista di Martini, che tanto scalpore sta facendo, avrebbe dovuto far parte del testamento del cardinale. Lo rivela Federica Radice Fossati Confalonieri , una delle persone che, negli ultimi tempi, gli è stata più vicina, che lo ha definito un «un amico, un padre spirituale, un confessore»; e le conversazioni con la quale erano diventate l’intervista pubblica su Il Corriere della Sera: “Chiesa indietro di 200 anni”. «Fu padre Georg a presentarmelo, nella Pasqua del 2008 a Gerusalemme», spiega a Il Corriere riferendosi a Georg Sporschill SJ, l’altra persona a cui aveva rilasciato l’intervista. Nell’intervista, Martini aveva parlato di una chiesa stanca, rimasta indietro di 200 anni; si era detto convinto che, come la brace arde sotto la cenere, ma non si vede, così nella chiesa esista ancora una fermento in grado di risollevarla dall’attuale situazione; ma il rischio è che la cenere sia talmente tanta da renderne veramente difficile l’emersione. Radice Fossati Confalonieri, proseguendo nel suo racconto, spiega di aver visto il cardinale, l’ulimta volta, l’8 agosto, mentre la conversazione era stata limata, corretta, e sottoposta a Martini stesso che l’aveva approvata; sia nella versione italiana che in quella tedesca. Don Damiano Modena, collaboratore del cardinale, rimaste stupito dal testo. Disse: «è stupendo ma è molto forte, aspettiamo a renderlo pubblico dopo la morte». Aggiunge la Fossati Confalonieri: «Tutti avevamo la consapevolezza che fosse una sorta di testamento. E ormai sapevamo che era una questione di giorni. L’idea era che quel testo facesse parte anche del suo lascito testamentario, don Damiano lo aveva già consegnato all’esecutore». Secondo la traduttrice, che vive a Vienna, con tre bambini, Martini, con la lettera, ha inteso aprire per l’ultima volta il proprio cuore al mondo intero. Più che un’intervista, si è trattato, ha fatto presente, quasi dell’epilogo di “Conversazioni notturne a Gerusalemme”, ovvero uno dei libri dell’arcivescovo di Milano, divenuto fin da subito un best seller. «Pensavamo di parlare dieci minuti e siamo andati avanti due ore, padre Sporschill in tedesco, il cardinale in italiano e io, una donna laica, che traducevo e mi trovavo ad essere testimone di quel dialogo tra due grandi gesuiti».
Concludendo il suo ricordo, la Fossati Confalonieri, spiega che quell’8 agosto in cui raccolse la conversazione, Martini, nonostante la fatica, avvertiva il bisogno di proseguire nel parlare. Solo alla fine, disse sollevato: «adesso prendiamo il tè».