Da bambina ci insegnavano che occorre imparare dagli errori, propri e altrui, per cercare di non ripeterli. Parrebbe lapalissiano, ma evidentemente quel metodo logico e pedagogico non è stato impartito a chi si dovrebbe pre-occupare della salute di tutti coloro che entrano quotidianamente nella scuola per apprendere, ma anche per chi lavora negli ambienti scolastici, da mettere in sicurezza in tutti i sensi. Non solo dai crolli strutturali dell’edificio, ma anche da quelli derivanti dalla frantumazione dell’io in azione ormai pieno di crepe ed altresì alle prese con la perdita dell’autocontrollo e dell’indispensabile consapevolezza del proprio limite professionale.
Ecco perché non meraviglia l’ennesimo fatto di cronaca color grigio scuro, mediaticamente proposto con relativo filmato da brivido, riportato dal Corriere del Veneto online “Calci, schiaffi e insulti al disabile. Così le maestre lo umiliavano”, accaduto in una scuola media di Vicenza, ma sicuramente reperibile, quasi fosse un copione già visto, in varie altre località del nostro bel Paese e non solo.
La vittima – si legge – è un mite ragazzo autistico di 15 anni che taceva e sopportava le reiterate angherie, tutte documentate, della professoressa e dell’educatrice che attualmente sono agli arresti domiciliari. Da notare che entrambe sono più vicine ai sessantanni che ai cinquanta. Particolare di non poco conto nella vita di una donna. Il rischio di depressione in menopausa è quintuplicato e pochi sanno che essa comporta esplosioni di forte rabbia alternate a fasi di abbattimento totale.
Il legislatore che lascia in “regolare” servizio persone ad alto rischio di patologia si assuma la responsabilità del fatto. Predisponga controlli a tappeto, istituisca equipe di veri esperti in materia per il controllo periodico, come già da anni accade in Francia. Altresì chi ha dato loro il titolo d’insegnanti conosce i risvolti della professione ad alto rischio di usura mentale soprattutto dopo una ventina d’anni di lavoro ininterrotto? Possibile che entrambe le donne fossero sempre state così e nessuno le avesse mai convocate per chiarimenti sui metodi utilizzati? Dove sono, cosa fanno e di cosa si occupano gli ispettori tecnici?
O forse sono in altre faccende affaccendati, tanto che non sono stati stanziati fondi per un’adeguata formazione capillare dei dirigenti scolastici cui spetta il compito medico-legale di gestione di eventuali (esistenti realmente!) casi clinici presenti nella scuola? Chi dirige quella scuola aveva predisposto il documento di valutazione del rischio, attuava prevenzione come prescrive il DL 81 o preferiva fare gli scongiuri come vari altri suoi colleghi di cui la letteratura scientifica ha verificato l’esistenza?
Da qualche anno i carabinieri sono egregiamente attivi nell’installare le telecamere quando la situazione è già largamente fuori controllo, i bambini (siano essi normodotati, sia ipodotati) in grave disagio, le insegnanti fuori di senno e i dirigenti scolastici – misteriosamente − all’oscuro di tutto.
Almeno così preferiscono farci credere, perché non pare assolutamente possibile che gli obiettivi formativi di simili “attività” punitive fossero inserite nel piano di lavoro e nella programmazione didattica che deve essere rendicontata periodicamente assieme all’utilizzo di materiali e “metodi” didattici.
Molti sapevano dunque e l’arte italica di piangere sul latte versato è pericolosamente controproducente. Gentile ministro Carozza, se ai suoi predecessori è sfuggito questo particolare relativo alla messa in sicurezza di chi entra anno dopo anno tra le spoglie pareti scolastiche, mi rivolgo decisamente a Lei perché ora la misura è davvero colma e la nostra pazienza di perorare la causa pure. Chi ha orecchi per intendere agisca e punti l’indice contro se stesso piuttosto che su quei docenti che hanno perso più le preziose facoltà di autocritica e giudizio. Un appello alle istituzioni affinché “vedano” e prendano finalmente in mano la delicata questione che le parti sociali preferiscono rimuovere…