Se mi chiedessero di botto cos’è per te il Piemonte, intenso come la tua terra, che poi è il Monferrato io non potrei far altro che rispondere: “E’ vino… e poi quieta follia”. Il termine non è mio, ma di un amico che in qualche modo non c’è più (solo in qualche modo), ovvero Bruno Lauzi, che aveva casa alla Celesta di Rocchetta Tanaro. Mi è venuto in mente l’altra domenica quando sono arrivato a Vignale Monferrato e, senza preordinare nulla mi sono trovato di fianco a Giovanni Storti che ha tagliato un salame di un metro e venti, il comico di Zelig Marco Dalla Noce e un mansueto Roberto Bettega che girava fra gli stand della festa dedicata ai prodotti a denominazione comunale. In un battibaleno abbiamo messo insieme una quadretto divertente, come avveniva spesso a casa di Giacomo Bologna a Rocchetta. E a fondere le stesse situazioni c’era sempre il vino, fosse Grignolino o Barbera, sempre vino era.
Ma il vino per chi abitava in città, come è accaduto a me fino all’età di 25 anni (benché quando compii 18 anni, mio padre ormai in pensione, si rimise a produrre vino, come faceva suo padre e il padre di suo padre), aveva una magia strana. In questa stagione, a marzo, quando la temperatura rigida dell’inverno abbandonava le giornate per annunciare l’arrivo della Primavera, si andava per cantine.
In auto – 850 Fiat color grigio topo – si caricavano un paio di damigiane e si andava in Monferrato perché quelli erano i giorni dei vini della luna di marzo. Oggi, questo appuntamento è diventato una fiera fra le più belle: si tiene ad Asti, a Palazzo Enofila, dove settanta cantine (molte sconosciute) fanno assaggiare il vino della vendemmia precedente. Ed io ogni anno mi diverto a scoprire l’inclinazione dei giovani vignaioli di oggi, che fanno il medesimo vino dei loro nonni, che poi è quello che andavo a prendere con mio papà e che sapeva di vino, di viola, di un sapore vero, prima che le nuove tecnologie lo imbastardissero col legno delle botti piccole.
E si mangiavano gli agnolotti, ma anche ad Asti ci saranno, perché accanto alle cantine avremo le pro loco che cucineranno i piatti delle sagre d’inverno, mentre i produttori di cose buone faranno assaggiare il pane e il salame o le preziose formaggette di capra che si producono sull’Appennino.
Io credo che la Fiera dei vini della luna di marzo sia proprio la rappresentazione dell’uscita classica dei milanesi e dei lombardi, alla ricerca di una genuinità che un poco si è perduta. Come è stato nel week end precedente, dove i miei amici – erano una ventina – hanno provato la cucina della trattoria Adria di Pontestura, quella di Tunon a Oviglio e quella della Casa di Babette a Rosignano Monferrato, bevendo la Barbera e il Grignolino, gli stessi vini di quelle serate con il canto, a casa di Giacomo, mentre andava in scena, senza una copione prestabilito, quella quieta follia che ognuno desidera incontrare. Guarda questo filmato ( https://www.youtube.com/watch?v=_ZkGIvwnS0U ) e sono certo che ti verrà la voglia di partire: ad Asti ! (riferimenti su www.golosaria.it)