La condanna all’ergastolo di Ratko Mladic per il genocidio di Srebrenica rende giustizia dopo oltre 20 anni alle decine di migliaia di vittime del conflitto armato della prima metà degli anni Novanta in Bosnia ed Erzegovina. “Questo verdetto storico segna un passaggio importante nella giustizia internazionale e invia al mondo un messaggio potente: l’impunità non può e non sarà tollerata”, il commento di John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa. La sentenza senza dubbio non pone fine alla sofferenza dei parenti delle vittime che avevano atteso questo giorno da più di vent’anni, ma per John Dalhuisen “la sensazione di aver ottenuto giustizia potrà dar loro qualche forma di conforto”. Il verdetto di oggi pone fine per Amnesty International ai tentativi di Ratko Mladic di evadere dalle sue responsabilità “per la morte, lo stupro e la deportazione di migliaia di vittime musulmane bosniache e croato bosniache”. Ed è anche un monito importante: “20 anni dopo la fine della guerra della Bosnia Erzegovina, restano migliaia di scomparsi e molte vittime e i loro parenti continuano a vedersi negate giustizia, verità e riparazione”, ha concluso Dalhuisen, come riportato da Agenpress. (agg. di Silvana Palazzo)
IL BOIA DEI BALCANI FA APPELLO
Il Boia dei Balcani Ratko Mladic farà appello dopo aver ampiamente contestato in maniera veemente la sentenza di ergastolo per il genocidio di Srebrenica e degli altri crimini di guerra in Bosnia e in Serbia. «I crimini commessi si classificano tra i più atroci conosciuti dal genere umano», ha sottolineato il magistrato della Corte Internazionale, «considerando che le circostanze attenuanti menzionate dalla difesa – tra cui un’indebolità capacità mentale – hanno avuto poco o nessun peso nel giudizio». Il figlio di Mladic ha annunciato al termine dell’udienza che l’ex capo militare dei serbi farà ricorso in appello per provare a trovare possibili altri attenuanti al carcere a vita: «è una vittoria epocale per la giustizia, finalmente l’incarnazione del male paga per quanto ha fatto», ha annunciato il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite.
ERGASTOLO PER MLADIC
E alla fine la parola fine sulla strage di Srebrenica arriva con la condanna all’ergastolo per l’ex Generale Ratko Mladic: la Corte Penale Internazionale ha appena emesso la sentenza definitiva contro l’ex generale comandante delle truppe serbo-bosniache durante la Guerra nei Balcani. Le accuse a suo carico erano genocidio e crimini di guerra contro l’umanità commessi durante la guerra in Bosnia tra il 1992 e il 1995: in particolare, Mladic – cui hanno riconosciuto colpevole per 20 degli 11 capi di accusa a carico – è stato ritenuto “intenzionale e con obiettivo criminale” nel dare l’ordine di abbattere e trucidare 8372 morti l’11 luglio 1995 a Srebrenica, con il silenzio e la colpevole omissione di soccorso e intervento delle truppe olandesi dell’Onu che delimitavano la zona e che avrebbero teoricamente dovuto difendere la popolazione musulmana nella zona “protetta”. Come riporta l’inviato di Repubblica, l’avvocato difensore di Mladic aveva chiesto di «posticipare il verdetto motivando la richiesta con una serie di crisi di ipertensione del suo assistito, ma il giudice ha negato la richiesta». È arriva la sentenza, dopo una pausa forzata di 40 minuti (Mladic aveva chiesto di andare in bagno e ci è rimasto per tutto quel tempo) e dopo che alla lettura del verdetto di ergastolo lo stesso ex “Boia dei Balcani” ha cominciato ad urlare e protestare contro i giudici – «siete dei falsi impostori, sono tutte bugie!» – per la decisione molto dura.
IL GENOCIDIO E IL SILENZIO
La Guerra in Bosnia chiude oggi uno dei suoi più importanti capitoli, tra i più sanguinari della storia d’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, per di più “permesso” da truppe dell’Onu olandesi dalla gravissima mancanza di responsabilità e connivenza al genocidio. Dopo i primi anni del conflitto, l’intervento delle Nazioni Unite aveva deciso di limitare alcune aree in Bosnia e Serbia per proteggere la popolazione inerme e innocente dagli attacchi e le bombe dei vari eserciti in lotta. La zona protetta di Srebrenica fu delimitata dopo un’offensiva serba del 1993 che obbligò le forze bosniache ad una demilitarizzazione sotto controllo delle Nazioni Unite, in questo caso con presenza di truppe olandesi. Le delimitazioni delle zone protette furono stabilite a tutela e difesa della popolazione civile bosniaca, quasi completamente musulmana, costretta a fuggire dal circostante territorio, ormai occupato dall’esercito serbo-bosniaco. Ma dopo un assedio durato giorni, le truppe guidate dal generale Mladic riuscirono a penetrare nella zona “protetta” arrivando l’11 luglio proprio nella città di Srebrenica: a quel punto, gli uomini dai 12 ai 77 anni furono separati dalle donne, dagli anziani e dai bimbi e furono portati in bosco per essere “interrogati”. Inutile dire come finì: fucilati e giustiziati per il solo fatto di essere musulmani, e poi sepolti in fosse comuni. Fu genocidio e oggi, 22 anni dopo, la condanna di Mladic è quell’ultimo tassello che mancava solo come conferma dell’orrore della guerra balcanica.