Pubblichiamo, di seguito, il saluto con cui il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in visita ufficiale in Vaticano, assieme alla delegazione presidenziale, ha rivolto a Papa Francesco
Santità, La ringrazio di cuore per le generose parole con cui ci ha accolto e anche per quelle che mi ha personalmente rivolto all’indomani della mia rielezione. Ho avuto il privilegio di presenziare – il 19 marzo in Piazza San Pietro – alla “celebrazione eucaristica per l’inizio del Ministero Petrino del Vescovo di Roma”, e di presentarmi quindi brevemente a Lei in Basilica per renderLe un primo saluto ed augurio. Assolvo oggi al tradizionale ma non formale compito di porgere il deferente solenne omaggio dello Stato e del popolo italiano al nuovo Pontefice. La sentiamo, Santità, profondamente vicino, permettendoci di cogliere nella stessa scelta che ha compiuto del nome di Francesco l’eco delle Sue radici famigliari e l’amore per questo nostro paese che ha per patrono il Santo di Assisi. A breve distanza da quell’inizio, così essenziale, del Suo nuovo e più alto cammino pastorale, Ella è già divenuto figura familiare e cara agli italiani, e innanzitutto ai fedeli e ai cittadini romani ai quali ha voluto significativamente presentarsi innanzitutto quale loro Vescovo. Ne è visibile segno la straordinaria partecipazione di popolo – ricca, s’intende, anche di partecipazioni internazionali – all’Angelus domenicale come alle udienze del mercoledì. Santità, nell’intensissima attività pastorale che Ella è già venuto svolgendo, sono emerse problematiche e sensibilità che caratterizzano il Suo messaggio, e che attingono, credo, anche alla Sua lunga esperienza pastorale nelle realtà latinoamericane. Attorno al richiamo fondamentale a Francesco d’Assisi come “l’uomo della povertà, l’uomo della pace”, si è subito manifestata la Sua attenzione e premura per i sofferenti e per gli emarginati, per le persone e le famiglie vittime dell’avidità e dell’egoismo dominanti, ed è risuonato il Suo appello alla Chiesa e ai cristiani perché ne prendano le parti e ne abbiano cura. Il Suo sguardo è universale, ma le Sue parole toccano e sollecitano anche e in particolare noi italiani. Il nostro è un paese che, tra quelli pur classificati come “ricchi”, ha nel suo seno aree e fenomeni di povertà estesisi nei recenti anni di crisi come non mai da decenni. E’ tempo dunque di riflessione e di cambiamento, di solidarietà e di giustizia, con l’urgenza che il disagio di vasti strati sociali e in special modo la condizione giovanile fortemente richiedono.
La necessità di una nuova visione dello sviluppo dell’economia e della società si pone per l’Europa nel suo complesso, stimolandone drammaticamente l’unione e chiamandola ad una piena comprensione delle nuove realtà emergenti e delle istanze ancora inascoltate dei popoli di diversi continenti rimasti nel passato ai margini dello sviluppo mondiale. Il cambiamento che s’impone in Italia non può non toccare anche comportamenti diffusi, allontanatisi gravemente da valori spirituali e morali che soli possono ispirare la ricerca di soluzioni sostenibili per i nostri problemi, di prospettive più serene e sicure. E’ questo lo sforzo cui attendiamo con tenacia e senza mai cedere allo scoramento, senza mai smarrire la speranza. E grandemente ci sostiene la Chiesa nello svolgimento del suo magistero educativo e del suo quotidiano esercizio pastorale : la Chiesa attraverso i suoi Vescovi, e tra essi, in primis, il Vescovo di Roma, il Santo Padre. In effetti, sulle solide basi poste dalla nostra lungimirante Costituzione e dal nuovo Concordato – come Ella ha voluto ricordare – le istituzioni repubblicane e la Santa Sede sono protagonisti e guide di una limpida collaborazione per la promozione dell’uomo e per il bene del paese. Cardine della Costituzione italiana, come dell’ordinamento di ogni Stato di diritto, è il principio della libertà religiosa : invece ancor oggi in troppi luoghi negata e brutalmente calpestata. E consideriamo nostro dovere prenderne le difese ovunque, specie là dove siano colpite la libertà e la vita dei cristiani. Santità, il rapporto tra Stato e Chiesa cattolica in Italia non è qualcosa di freddamente istituzionale ma qualcosa di profondamente vissuto, radicato nella storia, e cresciuto, sempre di più, parallelamente al dialogo interreligioso e al dialogo tra credenti e non credenti. Un rapporto ulteriormente consolidatosi e arricchitosi negli anni del mio mandato grazie al comune sentire che si è stabilito col Suo predecessore, Benedetto XVI, cui desidero rivolgere un sentito, grato pensiero ed augurio. Sono certo, Santità, che ci incontreremo con eguale slancio sulla stessa strada, con attenzione a quel che si muove ed evolve attorno a noi, e sempre in spirito di reciproco rispetto, di chiara distinzione e di fattiva concordia