Ne hanno parlato in questi giorni l’Istituto Superiore di Sanità e tutti i media, aumentando la preoccupazione delle famiglie italiane, già inquiete per le notizie che provengono dal mondo dell’economia. Su questo tema sono stato interpellato da un collega, docente di Informatica alle scuole superiori, che con scetticismo mi ha chiesto: «Ma Internet può veramente spingere gli adolescenti verso la droga?». La risposta è affermativa e a livello internazionale il fatto è noto da anni (infatti le spice drugs sono vietate da tempo in Germania, Austria e Francia).
Come ho documentato in Adolescenti tra dipendenze e libertà. Manuale di prevenzione per genitori, educatori e insegnanti (San Paolo 2009, www.antonello-vanni.it) l’Accademia americana dei pediatri già nel 2002, nella ricerca Just a Click Away: Recreational Drug Web Sites on the Internet , avevasegnalato che essere adolescenti navigatori di internet è un fattore di rischio associato all’acquisto e al consumo di sostanze psicoattive: saper usare un pc, avere una connessione a internet, essere muniti di una carta di credito prepagata, avere a disposizione parecchio tempo da passare on line mentre i genitori sono assenti per lavoro è per i ragazzi, oltre che una grande risorsa positiva, una condizione di rischio.
L’informazione sulle droghe, prima confinata nei libri e nelle riviste scientifiche, è diventata ora più disponibile e accessibile grazie al web: la Rete infatti è oggi costellata di siti riportanti indicazioni che ingannano gli adolescenti circa l’uso delle sostanze. Non mancano quelli che danno informazioni sicure e antidrug, ma sempre più frequentate sarebbero secondo le statistiche le pagine internet che, nascoste talvolta nelle cosiddette enciclopedie on line interrogate dagli studenti, sostengono convinzioni fuorvianti come l’uso “sicuro” o “responsabile” delle droghe, presentate (e il caso della cannabis è emblematico) con un sottofondo ideologico che rimanda ai concetti di libertà individuale, di lotta contro l’autoritarismo o il proibizionismo, di ricerca di pace, di approfondimento spirituale e meditativo, o semplicemente ricreativo.
La proliferazione di questi siti è avvenuta soprattutto dagli anni ’90, grazie allo sviluppo parallelo di internet e del vasto mondo delle droghe di sintesi: in particolare l’Mdma su cui Alexander Shulgin, il “patrigno dell’ecstasy”, ha fatto la sua fortuna on line distruggendo il cervello di innumerevoli giovani, ma anche metamfetamine, ketamina, eco-droghe come funghi o piante di diversa natura, e altre sostanze utilizzate nei farmaci ma abusate per produrre stati di alterazione.
E così si è sviluppato tutto un filone di frequentatori del mondo virtuale (chiamati da alcuni esperti: “psychonauts”) che si ritrovano per condividere esperienze, conoscenze e, naturalmente, in tempo di crisi, lauti profitti negli interstizi comunicativi offerti dal web: chat rooms, gruppi di discussione, newsletters sul tema, forum. La loro attività consiste nel diffondere informazioni che incitano al consumo di queste droghe, suggerire manuali per fabbricarle in casa, proporre “ricette farmacologiche” per modificarne la struttura chimica e produrre esperienze di intossicazione sempre diverse o potenti, fornire indicazioni per arrivare ai siti dove acquistarle stando seduti al proprio pc.
La navigazione nel web, quindi, dà ai giovani la possibilità di imbattersi in persone che, con diverse modalità di comunicazione persuasiva, offrono informazione e accesso a un mondo di cui neppure gli esperti hanno completa conoscenza. Secondo i pediatri americani, gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili all’appetibilità di questi inviti, tanto che si consiglia ai genitori di informare i figli dei rischi presenti allorché ci si connette.
Un ruolo decisivo però, su questi temi, potrebbe essere giocato proprio dagli insegnanti di informatica chiamati a fornire alle nuove generazioni competenze ben diverse dal solo saper utilizzare il pc o i comuni software. Il rischio, altrimenti, è quello di vedere i giovani naviganti affondare, richiamati dalle sirene virtuali della droga presenti nella Rete.
Ma come fare, da dove cominciare? Ad esempio si può partire da chi, come gli Usa o il Ministero della Salute francese, ha capito che internet è anche uno strumento efficace per combattere la droga e con esso ha costruito strumenti per le famiglie: si vedano l’impegno francese contro la cannabis e il sito Parents. The Antidrug; oppure peri ricercatori e gli insegnanti, come le ricerche offerte dal National Institute on Drug Abuse; per i media e il settore dell’informazione che volessero progettare campagne mediatiche per tutelare i giovani, come il sito della National Youth AntiDrug Media Campaign. Non solo: il web è utilizzato dai migliori istituti anche per programmi di peer education (educazioni tra pari) in cui i giovani si aiutano l’un l’altro per resistere alla pressione e agli inviti al consumo di alcol, marijuana, tabacco e di tutte le sostanze più diffuse tra queste fasce di età: si veda ad esempio il sito Above the influence.
Anche in Italia, va però notato, si comincia a utilizzare il web come opportunità per informare i giovani sulla pericolosità di tutte le sostanze psicotrope e invitare i genitori a essere attenti e presenti nella vita dei loro figli, soprattutto quando si profila un orizzonte di rischio come accade durante l’adolescenza.
Punto di partenza è necessariamente DrugFree.edu, la piattaforma interattiva per studenti, famiglie e soprattutto per le scuole che si possono collegare per scaricare materiali gratuiti sulla prevenzione e realizzare, in collaborazione con gli studiosi qui impegnati, vere e proprie conferenze on line per i loro studenti. Come salvare dunque gli adolescenti dai pericoli della Rete? Entrandoci con loro, evitando di lasciarli troppo soli in una navigazione piena di scogli e pericolosi incontri.