Si chiudono le porte della parrocchia Santa Croce di Bari per un bambino di dieci anni con un lieve ritardo cognitivo e con un deficit comportamentale. Niente sacramenti perché «la sua presenza durante la messa della domenica può disturbare gli altri bambini». La storia di mancata inclusione è stata denunciata dalla madre: «Non punto il dito contro nessuno, ma voglio che mi si spieghi quello che, nonostante tante parole, non sono riuscita a capire», ha dichiarato a Repubblica. Tutto è cominciato un anno fa, in occasione di un incontro di mamme. «La sua presenza non permetterebbe agli altri bambini di seguire la celebrazione della messa», questa la motivazione del parroco all’esclusione del bambino, garantendo però che ne avrebbero riparlato privatamente. Quando si è trattato di iscrivere a catechismo l’altro figlio, la donna ci ha riprovato, portando con sé un’amica per essere certa di non fraintendere le parole del prete. «Non ho esperienza con questi soggetti», ha ribadito il parroco. Quando la donna gli ha assicurato che il bambino avrebbe avuto l’assistenza di un’educatrice, le ha chiesto se sarebbe stato possibile fargli comprendere il messaggio cristiano e se alza la voce o si alza spesso, perché in questi due casi sarebbe stato difficile farlo partecipare alla messa. Da qui la denuncia di una vicenda comprensibilmente assurda.
LA REPLICA DEL PRETE: “LA MAMMA HA FRAINTESO”
Ha dieci anni, frequenta la quarta elementare ma non il catechismo, perché è disabile. L’incredibile storia arriva dal cuore del quartiere murattiano di Bari. Il bambino, che soffre di un lieve ritardo cognitivo e di un deficit comportamentale, ha necessità di parlare a voce alta anche durante le lezioni o di alzarsi dal banco. Non vede bene, quindi distingue le persone con il tatto e dall’odore. Studia, va cavallo e ha tanti amici, ma non può frequentare la chiesa dei suoi compagni di classe perché il prete della parrocchia non lo accetta. «Mi ha detto che dopo tanti anni è finalmente riuscito a costruire un folto gruppo di bambini: la presenza di mio figlio durante la funzione della domenica li avrebbe disturbati». Questa vicenda si è diffusa a macchia d’olio a Bari, suscitando le reazioni di altre famiglie. «Ha risposto loro che la parrocchia non è una scuola di calcetto», ha dichiarato a Repubblica la madre del bambino disabile. Non è tardata ad arrivare la replica di Don Vito, secondo cui la madre avrebbe equivocato le sue parole: «Appreso della particolare disabilità di cui questi è portatore, ci si è limitati (doverosamente, anche e soprattutto nell’interesse del minore) a richiedere una particolare collaborazione alla famiglia, chiedendo anche di fornire delle linee guida comportamentali da tenere in caso di manifestazioni acute (linee che soltanto la famiglia può fornire)». La mamma intanto chiede che su questi temi venga fatta informazione per evitare una «finta accettazione».