Si è ufficialmente aperto il processo sull’eredità Sordi con la prima udienza sul presunto raggiro a scapito della signorina Aurelia, sorella del celebre attore Alberto Sordi. La donna sarebbe stata truffata dall’ex autista Arturo Artadi con un vero e proprio cast di complici che avrebbero agito a scapito della donna, dai domestici, a due avvocati ed un notaio. Il giudice ha ammesso tutte le testimonianze delle varie parti al fine di capire se nel 2013, ovvero a dieci anni dalla morte del celebre Albertone, come era conosciuto l’attore, la sorella fosse ancora lucida e presente. Come rivela il quotidiano Corriere della Sera nell’edizione romana, nella prima del processo si è assistito ad una vera e propria parata di vip chiamati a testimoniare. Non solo attori e personaggi dello spettacolo del calibro di Carlo Verdone, Lino Banfi, Enrico Montesano, Mara Venier, Max Tortora, Massimo Ghini, ma anche personaggi della politica come Walter Veltroni e Gianni Alemanno, notai e medici.
Oltre alle celebri presenze in tribunale, la prima udienza del processo sull’eredità Sordi ha visto anche un altro clamoroso aspetto: gli imputati e la Fondazione Museo hanno tentato invano di escludere i parenti di Alberto Sordi dai risarcimenti. Esemplare la diatriba che vede protagonista l’ente che si occupa della gestione dell’intero patrimonio di ricordi legati al noto attore che ha segnato la storia del cinema italiano contro i 34 parenti tra cugini e nipoti di quinto e sesto grado e che invece reclamano una seppur piccola voce in capitolo. La difesa della Fondazione, rappresentata dall’avvocato Nicoletta Piergentili ha ribadito come i parenti non possono pretendere una parte dell’eredità perché non citati nel testamento. Eppure loro continueranno a restare nel processo almeno fino a quando il tribunale civile non si esprimerà sulla richiesta impugnazione delle volontà di Aurelia Sordi.
Uno dei momenti importanti di questo esordio di processo sull’eredità Sordi è stato rappresentato dalla deposizione di Umberto Catellani, direttore di banca che gestiva le spese correnti della signorina Aurelia sul conto sul quale operava Artadi. Questo almeno fino a quando nel gennaio 2013 l’ex autista tentò con una procura speciale a mettere le mani sull’intero patrimonio Sordi. Il direttore della banca popolare di Sondrio, in merito ha dichiarato in aula: “Mi insospettì il fatto che la presentò a uno sportello anziché a me direttamente”. Fino al giorno della procura, era lui a recarsi di persona dalla sorella di Alberto Sordi per le operazioni sui titoli. Successivamente gli fu impedito di agire in questo modo. Il direttore di banca ha poi sottolineato come la signorina Aurelia non conoscesse neppure l’uso degli assegni, ma sulla sua lucidità non si è invece espresso. “Mi fidavo della presenza di Artadi e Faralli di cui si fidava”, ha chiosato.