Basta comportamenti politici. La presenza e le parole di Nino Di Matteo e Antonio Ingroia alla festa annuale de Il Fatto Quotidiano hanno scatenato l’ira dell’Associazione nazionale magistrati. In particolare, il pm di Palermo avrebbe fatto un’affermazione “politica” invitando i cittadini a cambiare la classe dirigente e, insieme al collega, avrebbe dovuto “dissociarsi” dal “plateale dissenso” espresso all’evento organizzato dal quotidiano diretto da Antonio Padellaro nei confronti del Capo dello Stato. Tutti i magistrati, ma “soprattutto quelli che svolgono indagini delicatissime”, ha tuonato il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, devono astenersi da “comportamenti che possono offuscare la loro immagine di imparzialità, cioè da comportamenti politici”. E con il suo invito a cambiare la classe dirigente del Paese, “Ingroia si è spinto a fare un’affermazione che ha oggettivamente un contenuto politico”, con il rischio di “appannare” la sua immagine di imparzialità. IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Cesare Mirabelli, professore di diritto Costituzionale presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, secondo cui l’Anm non ha fatto altro che «prendere una posizione nel delimitare quelle che sono le competenze dei magistrati e alcuni comportamenti che hanno una connotazione politica».
Ritiene dunque che alcune dichiarazioni di Ingroia siano state effettivamente troppo “politiche”?
Non giudico direttamente quanto ha detto Ingroia né il contesto in cui ha parlato, ma è da tempo che si avverte l’esigenza di chiarire se la magistratura sia effettivamente espressione di un potere freddo e neutro che non partecipi ad alcun modo al dibattito politico. Le opinioni personali del magistrato non devono mai trovare un’annunciazione pubblica, neanche “nascoste” da altri tipi di espressioni.
Quale comportamento deve mantenere un magistrato?
I magistrati parlano attraverso i loro atti, i loro provvedimenti, e non hanno bisogno di dichiarazioni, contestazioni o polemiche. Tanto più si comportano in questo modo, tanto più sono credibili e forti.
Rispetto ad altre dichiarazioni che potevano apparire “politiche”, come mai l’Anm interviene solo adesso?
Non escludo che l’Anm abbia riscontrato, in diversi casi, comportamenti eccessivi né che, dopo aver preso atto dell’ipotesi che tali comportamenti potessero dar vita ad abusi sistematici, abbia iniziato a stabilire dei confini che ritiene vi siano rispetto alle posizioni che i magistrati possono prendere. A prescindere dall’episodio, questo è senza dubbio un fatto positivo.
La stupirebbe vedere Ingroia affacciarsi un giorno al mondo della politica?
Di esempi passati ce ne sono tanti quindi, se dovesse accadere, non mi meraviglierei affatto.
Nel corso di una intervista su Radio Radicale, Ingroia è tornato a parlare di amnistia e depenalizzazione…
Anche in questo caso mi chiedo: è davvero necessario partecipare al dibattito ed esprimere valutazioni che risultano avere connotazioni politiche? Sono dell’idea che tanto più i magistrati si asterranno dal compiere esternazioni, limitandosi all’applicazione delle leggi, tanto più la loro credibilità e il loro ruolo potranno rafforzarsi. Al di là della questione relativa ad Ingroia, non è la prima volta che vediamo magistrati partecipare quotidianamente al dibattito pubblico, rilasciare interviste e talvolta commentare un fatto d’attualità in uno studio televisivo. Semplicemente credo che un po’ di riserbo in più non guasterebbe.
Si è tornato a parlare di amnistia mirata sui reati meno gravi. Come è cambiato l’utilizzo di questo strumento rispetto al passato?
Rispetto a un uso eccessivo dello strumento dell’amnistia che vi era stato in passato, si è posta una barriera chiedendo in Costituzione una maggioranza particolarmente qualificata che ne rendesse difficile l’adozione. L’amnistia, se si dovesse accompagnare a una depenalizzazione, non significherebbe comunque una mancanza di sanzione ma semplicemente l’adozione di soluzioni diverse da quelle penali per comportamenti negativi. Non significa dunque arretrare dalle sanzioni, ma giudicare in modo diverso dei comportamenti di minore allarme sociale.
(Claudio Perlini)