L’istituto ECFR ha stilato la lista dei quindici obiettivi multipli della Corea del Nord in caso di Terza guerra mondiale. Usando il materiale apparso nelle dichiarazioni ufficiali e sui media di Pyongyang, hanno indicato i target primari e secondari. L’elenco, come riporta il Corriere, è dettagliato: il primo obiettivo è il territorio statunitense, quindi le più importanti città americane, Manhattan, la Casa Bianca e il Pentagono. In lista anche le basi Usa nel Pacifico, Guam, le portaerei nucleari Usa, i siti nel teatro sudcoreano, Seul, la residenza presidenziale del Sud, le basi americane in Giappone e Okinawa, tre località nipponiche (Yosuka, Misawa, Okinawa) e il territorio giapponese nel suo complesso. L’ECFR e molti altri analisti sostengono comunque che la strategia di Kim Jong-un contempla l’uso dell’atomica in chiave difensiva. E infatti la retorica della propaganda ha sempre insistito su questo aspetto. (agg. di Silvana Palazzo)
OLIMPIADI A PYEONGCHANG CHANCE PER RIDURRE TENSIONI?
Potrebbe esserci presto un confronto tra Corea del Sud e Stati Uniti circa la possibilità di rinviare le esercitazioni militari congiunte, visto che coincidono con le Olimpiadi invernali e i Giochi paralimpici a Pyeongchang. La notizia è stata segnalata dal canale YTN, secondo cui il ministero della Difesa sudcoreano potrebbe aprire questo canale di dialogo. Seul e Washington avrebbero in programma di effettuare le esercitazioni militari congiunte come da tradizione il prossimo marzo, ma le Olimpiadi invernali si disputeranno nella città sudcoreana dal 9 al 25 febbraio, mentre le Paralimpiadi andranno scena dal 9 al 18 marzo. Una fonte del ministero della Difesa della Corea del Sud ha rivelato al canale l’intenzione di consultarsi con i militari statunitensi per rinviare le esercitazioni “Key Resolve” e non effettuarle in concomitanza con i Giochi Olimpici. Come riportato da Sputnik Italia, l’auspicio di Seul è che la Corea del Nord partecipi alle Olimpiadi invernali perché la presenza di atleti nordcoreani potrebbe contribuire a ridurre le tensioni nella penisola coreana. (agg. di Silvana Palazzo)
NORD COREA, SOSTITUITI MILITARI ALLA FRONTIERA DOPO DISERZIONE
Il caso della diserzione fa ancora molto discutere e racconta di una tensione generale sul Pacifico ad alti livelli, con il timore che da un momento all’altro una terza guerra mondiale possa esplodere per reazioni o offensive del regime di Pyongyang. La “falla” nell’esercito nordcoreano ha fatto male a Kim Jong-un visto che ha svegliato i riflettori di tutto il mondo sulle condizioni tremende cui sono soggetti i militari (per non parlare di civili cittadini, ndr): per questo motivo, il regime ha deciso di sostituire tutti i soldati presenti alla frontiera. Lo riporta l’agenzia Yonhap, che spiega «Sono stati rilevati segnali che indicano come la Corea del Nord abbia rimpiazzato tutti gli ufficiali di sicurezza delle frontiere dopo la diserzione avvenuta il 13 novembre. Data questa situazione, i comandanti e i funzionari di alto livello responsabili delle relative unità militari (responsabili della sicurezza delle frontiere) potrebbero essere stati puniti». Incredibilmente, il disertore 24 è rimasto vivo e salvo dopo due interventi chirurgici in Sud Corea e soprattutto dopo ben 5 proiettili conficcati nel corpo dopo il lancio di fuoco degli ex commilitoni nordcoreani.
SOLDATESSA NORD COREA, “STUPRI E VIOLENZE CONTINUE”
L’esercito della Corea del Nord non ha mai fatto sfuggire quasi nulla delle condizioni aberranti delle proprie file ma nel giro di poche settimane, sarà anche per i riflettori puntati e la tensione per una possibile guerra mondiale futura, dopo il soldato disertore trucidato spunta una nuova assurda e tremenda testimonianza. «Stupri, violenze di ogni genere e addestramenti talmente duri che nessuna di noi aveva più il ciclo»: sono le parole choc di Lee So Yeon, che per sette anni ha fatto parte dell’esercito di Kim Jong-Un, dopo essersi arruolata volontariamente. Oggi parla alla tv della Corea del Sud e spiega le condizioni aberranti del proprio ex esercito da cui è miracolosamente riuscita a scappare: «Nelle nostre camere c’erano le foto di Kim Jong-Un e del nonno Kim il-Sung. Non avevamo a disposizione acqua calda, solo un tubo connesso a una sorgente montana, da cui usciva di tutto, persino serpenti, a volte. I materassi fatti di riso ci facevano sudare tanto, l’odore era insopportabile, l’igiene non esisteva». Truppe insostenibili, condizioni irreggibili e un Paese che è sempre più il ritratto di una dittatura senza nessuna ombra di libertà “accennata”.
CINA, “PIÙ DIALOGO CON PYONGYANG”
Con la Corea del Nord “relegata” a prossima nella lista nera del terrorismo, resta evidente che il messaggio lanciato da Trump non è riservato solo a Kim Jong-un, ma “parla” anche agli altri attori protagonisti della possibile e inquietante terza guerra mondiale. Su tutti la Cina, che oggi torna a parlare con la voce del portavoce del Ministero degli Esteri, Lu Kang: «Noi speriamo ancora che tutte le parti interessate possano contribuire ad allentare le tensioni, riprendere i colloqui e intraprendere la corretta via per risolvere la questione della penisola coreana attraverso il dialogo e le consultazioni. Bisogna fare di più a questo proposito». Insomma, tradotto in politichese, il diplomatico di Pechino invita Usa, Sud Corea e Giappone in primis a fare di più per un dialogo e di meno con le minacce per poter risolvere la vicenda sul Pacifico. Niente sponsor del terrorismo e niente portaerei ai confini: Xi Jinping “avvisa” Trump e prova a portare l’acqua al suo mulino, anche se al momento l’invito furbo (per non dover rompere definitivamente con l’alleato comunista di Pyongyang) dalla Cina non sembra essere raccolto dal tycoon americano.