Il numero di donne nel mondo che hanno subito mutilazioni genitali femminili (MGF) sono circa 125 milioni. Striscia la Notizia ha raccolto la testimonianza di una vittima per spiegare un fenomeno vasto e complesso come questo che peraltro ci riguarda da vicino, visto che alcune di queste donne vivono in Italia. Stando ai dati riportati dall’inviata Radja nel servizio, nel nostro Paese ci sono circa mille bambine che rischiano quest’anno di essere sottoposte alla pratica dell’infibulazione, proprio come è successo a Sara. «Sono andata in Egitto in vacanza a 10 anni e mia nonna ha scoperto che non avevo fatto la circoncisione femminile, quindi ha voluto che la facessi ed è stata fatta in casa», ha raccontato a Striscia la Notizia. La giovane, che è nata e cresciuta in Italia con la sua famiglia che è nel nostro Paese da diverso tempo, ha compreso cosa le è stato fatto solo con il passare degli anni. «Anche mia madre ha dovuto subirla e quando era arrivato il mio momento l’ha fatta fare anche a me, ma non voleva farmi del male. Insieme poi abbiamo capito che era una pratica dannosa e infatti mia sorella non l’ha subita».
INFIBULAZIONE E MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI: IL SERVIZIO DI STRISCIA
Non c’è alcun legame tra le mutilazioni genitali femminili, come l’infibulazione, e la religione islamica. Lo ha assicurato nel servizio di Striscia la Notizia la presidente della Onlus Nosotras, Laila Abi Ahmed: «Avvengono in tanti paesi africani che sono cristiani. È una tradizione che si tramanda di madre in figlia». Un ex mutilatrice, ora testimonial anti MGF, ha spiegato il ruolo delle donne: «Siamo noi a organizzare tutto, però una donna non circoncisa non viene sposata. Io la volevo fare, perché mi sentivo importante. Quando però ho visto le complicanze su un’altra ragazza ho cominciato ad avere dei dubbi», ha dichiarato Gloria Okomina Bimbi. Alcune di queste pratiche comunque non sono irreversibili, come ha spiegato la dottoressa Barbara Grijuela dell’ospedale San Paolo di Milano: «Abbiamo la possibilità di fare interventi chirurgici che ripristinano l’anatomia dei loro genitali. Non è un semplice intervento chirurgico, ma un percorso di aiuto psicologico a fare pace con quella che è la loro cultura d’origine».