Attraverso una lettera indirizzata al Premier britannico Gordon Brown, Benedetto XVI ha voluto lanciare un richiamo ai leader del G20 riuniti a Londra, perché nelle loro decisioni sulla crisi economica internazionale non dimentichino i più poveri della terra, specialmente le popolazioni sofferenti dell’Africa. Ma di questo la grande stampa parla appena.
Il Papa scrive con il clamore dell’Africa negli occhi e nel cuore, dopo la sua recente visita in Camerun e Angola, e si fa portavoce dei dolori e delle esigenze di giustizia di tutto un continente dimenticato dai potenti della terra. «Ho potuto toccare con mano la realtà di una povertà bruciante e di una esclusione cronica, che la crisi rischia di aggravare drammaticamente» scrive Benedetto XVI, che segnala che nel summit di Londra sarà presente solamente uno Stato dell’Africa sub sahariana.
Questa mancanza di rappresentatività lo porta a ricordare che «coloro la cui voce ha meno forza nello scenario politico sono quelli che soffrono di più i danni di una crisi di cui non portano la responsabilità», e contemporaneamente avverte che non può esserci una via d’uscita alla crisi globale basata sull’egoismo nazionalista o sul protezionismo, ma che occorre che le misure adottate nascano dall’ascolto di coloro che soffrono di più e possano essere condivise da tutti.
E perché non restino dubbi, segnala che né gli aiuti allo sviluppo né gli sforzi per cancellare il debito dei paesi più poveri hanno avuto a che fare con la gestazione della crisi, per cui sarebbe un’ingiustizia tremenda se i paesi poveri venissero colpiti da una drastica riduzione dei piani di aiuto, perché li farebbe sprofondare ancor di più nel pozzo da cui faticosamente cercano di uscire.
Sappiamo che la prossima enciclica di Benedetto XVI, che probabilmente arriverà nel giorno di san Giuseppe, affronterà queste questioni e altre collegate con la crisi economica e finanziaria. Lo stesso Papa lo ha detto durante il suo viaggio in Africa, sottolineando che su questi temi la Chiesa non deve semplicemente proporre grandi proclami morali, ma parlare con competenza per essere credibile, affrontare i problemi reali e illustrarli seguendo una coscienza formata secondo il Vangelo.
Questo sforzo si intravede anche nella lettera inviata al Premier Gordon Brown. E così Benedetto XVI segnala che uno degli elementi dell’attuale crisi consiste nella perdita di fiducia negli strumenti finanziari e nel sistema economico, provocata dalla perdita del senso etico in tale sistema. Non basta, secondo il Papa, introdurre correzioni nell’ingranaggio del sistema per oliarlo, ma occorre rafforzare la coscienza morale di coloro che sono i responsabili del suo funzionamento, poiché «non è “fuori” dall’economia, ma “dentro”, e l’economia non funziona se non porta in sé l’elemento etico».
In questa direzione il Papa ricorda ai leader del G20 che per recuperare la fiducia occorre offrire sicurezza alle famiglie e stabilità ai lavoratori, così come favorire l’etica nella finanza attraverso opportune regole e controlli. Aggiustare i sistemi sarà sempre necessario, come correggere l’egoismo e l’avarazia attraverso un’educazione, ma, come ha detto recentemente il Papa ai parroci di Roma, non arriveremo mai a una correzione totale e radicale. Basterà ottenere correzioni provvisorie che ci aiutino a mettere un freno al dominio dell’egoismo.
Evidemente il Papa non si aspetta dal summit londinese una nuova aurora, ma con il suo realismo cristiano e la sua autorità morale ha segnalato una direzione che, se seguita, renderà più giuste, efficaci e umane alcune misure che devono aiutarci a superare la crisi, specialmente per coloro che, più innocenti, la stanno pagando sulla propria pelle.
Per di più alla Chiesa compete la missione di creare condizioni per la giustizia a partire dal cambiamento della mentalità e dal rafforzamento di una libertà orientata al bene. Perché, come ricordava il Papa, e questo sarà senza dubbio uno dei nodi della sua nuova enciclica «non si può creare giustizia nel mondo solamente con sistemi economici buoni, che pur sono necessari; la giustizia si realizza se ci sono i giusti, e non ci sono i giusti se non esiste il lavoro umile e costante di convertire i cuori». Ma questo, per fortuna, va oltre le competenze del G20.