Prima fumata nera al conclave. Era attesa, prevista perfino dal portavoce della Sala stampa vaticana. Padre Lombardi ha anche detto che sarà un’elezione breve. Joseph Ratzinger fu eletto in un conclave «lampo»: appena quattro scrutini. Oggi sapremo se il miracolo si ripeterà oppure se i tempi saranno più lunghi. È lo scenario più probabile, a lume di senso comune. Ma in un’elezione di questo tipo il buon senso non basta a spiegare ciò che succede. E dire «conclave breve» non significa che i giochi sono già fatti, anzi.
Il candidato partito in testa è Angelo Scola. Italiano, autorevole, allievo di Benedetto XVI, gode di maggiori consensi fuori Italia che in patria, anche grazie alla vasta rete di rapporti stesa quand’era patriarca di Venezia attraverso la rivista «Oasis». I vaticanisti gli attribuiscono dai 30 ai 40 voti di partenza. Otto anni fa Ratzinger ne raccolse 47 al primo scrutinio. Nelle votazioni di questa mattina si verificherà se la sua candidatura cresce a buon ritmo, il che viene sempre interpretato come un inequivoco segnale dall’alto (così accadde a Ratzinger), oppure no. Bastano 2 o 3 scrutini per capire se il candidato partito bene ha speranze di raggiungere il quorum oppure no.
Scola è una personalità apprezzata, tuttavia negli ultimi giorni un certo numero di porporati ha fatto circolare una serie di perplessità. L’età, innanzitutto: 71 anni compiuti. Molti preferirebbero un Papa più vicino ai 65 che ai 70. Alcuni trovano ancora ostico il suo linguaggio; tuttavia la predica di domenica nella basilica romana dei Santi Apostoli era semplice e affascinante. Nelle congregazioni c’è chi non ha apprezzato il fatto che l’intervento dell’arcivescovo di Milano abbia «sforato», sia pure di poco, il limite imposto dal decano Angelo Sodano.
Ieri poi, due giornali come il Wall Street Journal e il Guardian hanno sollevato un ulteriore problema, finora rimasto sottotraccia: il legame del cardinale Scola con Comunione e liberazione. Il Wsj, in particolare, ha pubblicato un lungo reportage firmato da Stacy Meichtry e Alessandra Galloni riportando i pareri di alcuni cardinali elettori anonimi. Uno ha detto che avrebbe «sollevato il caso Cl» con i colleghi in quanto «l’arcivescovo di Milano è troppo legato alla politica». Alcuni hanno dato giudizi lusinghieri sul movimento «per aver infuso nuova vita tra i fedeli in Europa»; altri storcono il naso per i legami con la politica. Legami che sarebbero costati a Scola l’erosione di un certo consenso soprattutto tra i porporati italiani e curiali.
Anche l’inglese Guardian punta l’attenzione su Cl mischiando politica, giustizia e conclave in un articolo sotto il titolo «Raid antimafia nella diocesi del front-runner». I giornali sottolineano i legami tra Scola e Roberto Formigoni, amici da quand’erano ragazzi. Don Davide Milani, portavoce dell’arcivescovo di Milano, non ha rilasciato commenti ma ha rinviato a quanto il cardinale aveva dichiarato l’anno scorso: che cioè l’attenzione mediatica sulla sua amicizia con Formigoni è un tentativo di attribuirgli «due peccati originali», e che la carriera dell’ex governatore lombardo si è dipanata senza che l’arcivescovo ne fosse coinvolto.
Il voto di ieri è stato una sorta di «primarie» per individuare due candidature (verosimilmente Scola e il brasiliano Odilo Pedro Scherer) e successivamente verificare la loro tenuta. Se si arrivasse a un blocco sarà il momento degli outsider, come capitò nell’elezione di Karol Wojtyla. Per l’inatteso arcivescovo di Cracovia ci vollero otto scrutini per superare l’impasse determinata dal testa a testa tra gli italiani Siri e Benelli.
In tutto ciò, non bisogna dimenticare quanto ha ricordato ai cardinali elettori il predicatore Prosper Grech, porporato ultraottantenne. Cioè che essi devono agire per il bene della Chiesa «solum Deum prae oculis habentes», avendo davanti agli occhi soltanto Dio. Cordate, accordi, «ticket» con il segretario di Stato, dovrebbero dunque restare fuori dalla Cappella Sistina.