Manco a farlo apposta: il giorno prima il Parlamento europeo, emanando una risoluzione, chiedeva agli Stati membri che non l’avessero ancora fatto di rimuovere gli ostacoli all’equiparazione giuridica tra coppie eterosessuali e coppie gay. Il giorno dopo, ieri, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4184, ha affermato che una coppia sposatasi in Olanda nel 2002 ha diritto al «trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». Ma attenzione: l’asserzione, assieme ad altre del medesimo segno, è parte delle motivazioni di una sentenza che rigetta il ricorso della coppia alla quale il Comune di Latina aveva negato la trascrizione del certificato di nozze come atto pubblico. Ovvero: l’unione non può definirsi “matrimonio”. Quindi? Per vederci chiaro abbiamo chiesto un parere ad Alberto Gambino.
Qual è la sua valutazione? Trova che la sentenza sia conforme all’orientamento italiano?
La sentenza contrasta con l’insieme delle norme che, in Italia, disciplina la famiglia. Tali norme sono composte dalla Carta costituzionale e dal Codice di diritto civile. In entrambi i casi, troviamo chiarissimi riferimenti legislativi che esplicitano come il matrimonio sia fondato sulla distinzione tra uomo e donna, e come solo a tale forma di unione possa esser data rilevanza costituzionale di rango superiore alle altre, in quanto l’unica dalla quale possano nascere figli.
Eppure, la sentenza non nega l’attribuzione del termine matrimonio alle sole coppie eterosessuali. Si limita a dire che anche alle coppie gay va riconosciuto il diritto alla vita familiare.
La Cassazione è costretta a fare questo ragionamento perché tutta la legislazione italiana è orientata a definire matrimonio eslusivamente l’unione tra uomo e donna. Dal punto di vista formale non è possibile negarlo. Allora, compie una sottile operazione: afferma che, accanto alla forma di convivenza tradizionale, ce ne possono essere altre – in questo caso, tra omosessuali -, anch’esse meritevoli di tutele giuridiche. In sostanza, si afferma che è vero che solo l’unione tra uomo e donna possa definirsi matrimonio. Tuttavia, si afferma contestualmente che le famiglie non sono solo quelle matrimoniali.
Se la legge afferma che solo il matrimonio tra uomo e donna può dirsi tale, non è automatico che solo la famiglia fondata sul matrimonio possa definirsi famiglia?
A livello europeo, effettivamente, c’è una distinzione tra diritto alla famiglia e diritto al matrimonio. Ma in Italia la Carta costituzionale parla di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Quali conseguenze potrebbero discendere dalla sentenza?
Essendo stata emanata dalla Cassazione, opererà nel nostro ordinamento come precedente, seppur non vincolante. Potrebbe, quindi, sortire degli effetti in termini interpretativi. Quando una Corte d’Appello dovrà giudicare un caso analogo, andrà di sicuro a vedere quanto fu deciso dalla Cassazione in quella circostanza.
Ci saranno effetti concreti?
Da quanto si apprende, i diritti ai quali si fa riferimento non vengono dettagliatamente definiti. Ovvero: una cosa è attribuire l’assegno familiare alle coppie gay, un’altra la possibilità di visitare in ospedale il proprio compagno. Due esempi per far capire che a seconda del contenuto che si conferisce a tali diritti, cambia tutto. Nel primo caso, infatti, si tratterebbe di un’equiparazione vera a propria che porrebbe dei problemi di carattere sociale e giuridico. Nel secondo, resteremmo nel novero dei diritti individuali, già di per sé garantiti dal nostro ordinamento.
Ne potrebbe discendere il diritto all’adozione dei figli?
Se si interpreta il concetto di “vita familiare” in senso stretto, potrebbe significare anche questo.
Il giorno prima il Parlamento europeo ha emanato una risoluzione in cui chiedeva agli Stati membri di eliminare gli ostacoli giuridici all’equiparazione delle coppie gay con quelle etero. Si tratta di un’azione combinata?
I giudici sono esseri umani e ciascuno ha una sua opzione culturale. In tal caso, diciamo che si registra un’affinità con i contenuti del provvedimento dell’altro ieri. Escluderei una concertazione.
Le istituzioni giuridiche e politiche europee hanno il potere di emanare disposizioni vincolanti in materia familiare?
Di norma, c’è una clausola di salvaguardia nei confronti degli Stati membri tale per cui si lascia libertà di legiferare. Tuttavia, pur non avendo facoltà di metter becco in tali questioni, sono in grado di determinare un orizzonte culturale.