Nata ad Avila in Spagna nel 1515, santa Teresa, vergine e dottore della Chiesa, riformatrice del Carmelo, è stata chiamata la più santa tra le donne e la più donna tra le sante. La sua femminilità si esprime anche con accenti di intensità poetica, soprattutto in quei componimenti nati dalle esperienze mistiche, in cui canta la libertà dell’anima che si è donata al suo Dio e che vive le vicende liete o tristi che la vita le riserva:
Dammi ricchezza o povertà riservami,
inferno dammi o cielo,
vita sepolta fra le più dense tenebre
o sole senza velo:
a tutto mi sommetto, o dolce Amore:
Dimmi che vuoi da me, dimmi, Signore!
L’accento contemplativo di Teresa si esplicita ancor più quando la santa canta il desiderio del cielo che la consuma, sulle orme di san Paolo: il contrasto tra la tristezza della vita terrena, l’esilio che ancora la separa da Dio e la felicità della vita eterna, nel possesso compiuto del Bene si risolve nell’ardore di un abbraccio che afferra l’amore per non lasciarlo sfuggire più:
Più in me non vivo e giubilo,
vivo nel mio Signore.
Per sé mi volle; e struggomi
or per intenso ardore.
Gli detti il cuor, e in margine
scrissi con segni d’oro:
moro perché non moro.
Oh, com’è triste vivere
lungi da te, mio Dio!
Se amar è dilettevole,
lungo sperar è rio.
Troppo pesante è il carico,
troppo, Signor, m’accoro:
moro perché non moro.
Quella che in ciel tripudia,
quella è la vita vera;
ma poiché invan raggiungerla
senza morir si spera,
morte, crudel non essere,
dammi il Tesor che imploro!
Moro perché non moro.
Vivo, ma in me non vivo,
e tanto è il ben che dopo morte imploro
che mi sento morir perché non moro.
Si racconta che una consorella di Teresa, incaricata dalla santa di ricopiare una poesia, andava pensando in cuor suo che quel canto non era molto dignitoso per una donna come la Madre fondatrice. Ma Teresa, che per divina ispirazione ne aveva conosciuto i pensieri, le disse con molta grazia, passando accanto alla sua cella: “Tutto ciò è necessario per sopportare la vita”. Episodio rivelatore di una certa arguzia, di cui la riformatrice del Carmelo non fu mai priva e che rende ancor più vivace la sua fisionomia.
Un altro episodio che rivela la personalità di Teresa tramanda che ella soleva suonare il tamburello nell’austero silenzio del Carmelo e manifestare così la gioia della presenza di Dio, al quale parlava con familiarità. Si narra che, provata dalle tante ostilità incontrate sulla via della riforma del suo ordine, si sia rivolta a Gesù, dicendo: “Se trattate così i vostri amici, per forza ne avete così pochi”.
Morì ad Alba de Tormes, vicino a Salamanca, nel 1582.