Tutti sullo stesso treno e magari nello stesso vagone, per un viaggio che saltella senza mèta su prati e colline. Dove ci porta la maratona che dissolve le identità e le relazioni? Se in passato un figlio poteva non avere certezza del padre, ora può non avere certezza nemmeno della madre; se è sempre accaduto che si nasce da un padre e da una madre, ora si può nascere senza padre e senza madre o forse con due padri e due madri. Se era bella la sorpresa della nascita di un maschietto mentre si attendeva la femminuccia, ora bisogna aspettare che il bebè sia cresciuto per domandargli se preferisce essere maschio o femmina. E via confondendo. Senza contare le convivenze che precedono i matrimoni e le nascite che precedono le convivenze. Ebbene, che esistano limiti, peccati, confusioni, questa è la cosa più umana del mondo. Che misericordia e accoglienza debbano sempre spalancare a un abbraccio verso tutti, questo fa vivere. Ma che leggi amministrative e civili (civili?) impongano di considerare situazioni e persone in modo diverso da come madre natura le imposta e le conforma, e inducano a pensare distorto da quel che vediamo e sperimentiamo, questa è una corazza da far saltare.
Anche durante il nazismo e forse durante il fascismo la legge imponeva un criterio falso nella valutazione dell’umano, ed erano guai per chi – famiglie e frati e preti e suore – proteggeva gli ebrei andando contro la corrente di quanti si adeguavano. Nell’epoca dello schiavismo era normale la tratta dei neri, e persino uomini di Chiesa si piegavano alle leggi dei mercenari di stato. Oggi, altre leggi civili (!), altre convenzioni economiche, sociali, culturali “impongono” di fatto la selezione “naturale” dei nascituri e la contraccezione di massa e – non solo in Cina e in India – obbligano all’aborto, insegnano il sesso misto e libero fin dalla scuola dell’infanzia e via di seguito. Dobbiamo consegnare alle associazioni “umanitarie” e ai governi – italiano o europeo o mondiale – il cervello e il cuore, così come il Fuhrer e il Duce domandavano l’obbedienza nell’agire e nel pensare?
Così come Stalin e Mao – e qualche loro epigono asiatico o africano – mandavano e mandano nei gulag e nei laogai chi non si sottomette alle “leggi” dello Stato per il figlio unico, l’aborto selettivo, il genocidio razziale? La maglia di una grande dittatura si stende ad avvolgere pensieri e azioni: chi non la pensa “secondo legge” e non agisce come tutti, va fatto fuori. E se uno ci tiene di più alla sua dignità e libertà che non alla dittatura del pensiero unico, che cosa gli succede?