Oggi la Chiesa celebra la memoria di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire. Ai suoi tempi la città di Antiochia, che oggi si trova in Turchia, era la più importante dopo Roma e Alessandria d’Egitto. Ignazio, che probabilmente non era nato da una famiglia cristiana, fu discepolo dell’apostolo san Giovanni e dal 70 al 107 fu vescovo dopo san Pietro di quella città in cui per la prima volta i seguaci di Gesù erano stati chiamati cristiani.
Durante le persecuzioni di Traiano fu condotto a Roma per subire il martirio: per divertire il popolo si svolgevano spettacoli nel circo, nei quali uomini e donne venivano dilaniati dalle belve. Tra essi anche molti cristiani, accusati di essere nemici dello stato, perché si rifiutavano di sacrificare al genio dell’imperatore. Nel viaggio che lo portava a Roma Ignazio scrisse sette lettere, fra le quali quella più celebre è la lettera ai Romani, utilizzata dalla odierna liturgia nell’ufficio delle letture. In essa Ignazio raccomanda ai cristiani di non cercare mezzi per salvarlo dal martirio, esprimendo il suo desiderio di testimoniare con lo spargimento del sangue la sua fedeltà al Signore.
Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve, per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c’è più in me nessuna aspirazione per le realtà materiali, ma un’acqua viva mormora dentro di me e mi dice: ‘Vieni al Padre’.
Morì come aveva desiderato nell’anfiteatro Flavio sbranato dalle belve, alle quali manifestò una grande tenerezza. Era l’anno 107 e la sua memoria è stata venerata ad Antiochia fin dal quarto secolo. Papa Benedetto, tratteggiandone la figura nell’udienza del 14 marzo 2007, afferma che nessun Padre della Chiesa ha espresso con l’intensità di Ignazio l’anelito all’unione con Cristo; confluiscono in lui la spiritualità di Paolo, tutta tesa all’unione con Cristo e quella di Giovanni, concentrata sulla vita in Lui. Ignazio è veramente il dottore dell’unità: unità di Dio, di Cristo, della Chiesa, dei fedeli nella fede e nella carità.
Ricordandone la risolutezza e la dottrina, la liturgia offre alla nostra devozione una preghiera utile anche a chi non è chiamato alla gloria del martirio, ma nelle vicende quotidiane ha il compito della fedeltà e della testimonianza: O Dio onnipotente ed eterno, che nel sacrificio dei martiri edifichi la tua Chiesa, mistico corpo di Cristo, fa’ che la gloriosa passione che meritò a sant’Ignazio una corona immortale, ci renda sempre forti nella fede.