Con l’elezione di un Papa non europeo si interrompe una catena che durava da circa 1300 anni. Ma sono davvero tante le particolarità a proposito del nuovo Pontefice, Francesco I, tra le altre quella di appartenere alla Compagnia di Gesù, cioè di essere un gesuita. Ilsussidiario.net ha parlato con un suo confratello, Padre Gianfranco Matarazzo, direttore del Centro Arrupe di Palermo, per capire che significato abbia questa elezione per gli appartenenti alla Compagnia di Gesù: “L’indicazione che il collegio dei cardinali ha dato su questa figura è innanzitutto un riferimento ai carismi della Chiesa e al contributo specifico che ognuno può dare. In qualche modo poi questa elezione tocca un aspetto importante del nostro carisma, che viene definito con l’espressione latina “sentire cum Ecclesia”, e quindi in qualche modo si tratta di un’altra attitudine che viene messa al servizio della Chiesa. Un servizio che può essere prezioso soprattutto in questa fase”.
In che modo ha vissuto la notizia dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio Pontificio?
In maniera confortante, perché ha voluto dire la non conferma delle attese mediatiche legate ai mezzi di comunicazione. Questa elezione ci insegna invece che la Chiesa in qualche modo naviga a un altro livello, un livello di maggior profondità di ascolto dello Spirito. Per cui ci ha sorpresi piacevolmente attraverso l’indicazione di una persona profonda, capace di assumersi le responsabilità e proseguire il camino della Chiesa stessa.
E’ il primo Papa non europeo da oltre mille anni, questo che cosa può significare?
Una conferma ulteriore dell’universalità della Chiesa e della capacità di raccogliere risorse e testimonianze esemplari da un mondo che è sempre più globalizzato. Da questo punto di vista una risorsa veramente positiva, che viene messa a disposizione dell’umanità intera in termini di servizio.
Il fatto che venga dal continente sudamericano assume un significato particolare?
Il riferimento geografico dal mio punto di vista è davvero un riferimento importante, non legato a una scelta di mode o di contingenza. Vuol dire mettere a disposizione una Chiesa che nelle sue articolazioni periferiche, pensiamo anche all’Asia o all’Africa, ha tanto da dare e da offrire a noi occidentali.
Invece il fatto che il nuovo Pontefice appartiene alla Compagnia di Gesù che cosa dice?
Credo che l’indicazione che il Collegio dei cardinali ha dato scegliendo Bergoglio sia innazitutto un riferimento ai tanti carismi della Chiesa e al contributo specifico che ognuno può dare. In qualche modo tocca poi un aspetto importante del nostro carisma, che viene definito dall’espressione latina “sentire cum Ecclesia”, pensare insieme alla Chiesa, e quindi in qualche modo è un’altra attitudine che viene messa al servizio della Chiesa con un servizio che può essere prezioso soprattutto in questa fase.
La scelta del nome Francesco invece?
La scelta del nome recupera un altro aspetto dei carismi, legato in questo caso alla realtà francescana, che si è dimostrata un altro appuntamento decisivo nella storia della Chiesa, capace di rilanciarla e di assicurarle ricchezza spirituale. Una serie di contingenze, dunque, che dimostrano ancora una volta il meglio della tradizione della Chiesa che nei carismi particolari riesce sempre a trovare una forma di rilancio e di servizio alla comunità.
Lei ha mai avuto la possibilità di incontrare il cardinale Bergoglio?
Personalmente no, dato che lui era già una persona affermata al servizio della Chiesa, ma ho vissuto con lui celebrazioni e momenti di assemblea in cui c’è stato un incontro indiretto. In quelle occasioni ho avuto modo di osservare un uomo di profonda fede e di dialogo nella Chiesa.
Ha molto colpito ieri sera quando, inchinandosi, ha chiesto al popolo di pregare per lui prima che lui pregasse per il popolo.
E’ stata una scelta molto bella, molto profonda e anche molto legata a quello che è lo spirito della Chiesa: nella reciprocità dei ministeri e dei ruoli essa trova il modo di scoprire e rilanciare l’unione.
(Paolo Vites)