Dopo le proteste al governo, è ovviamente la Procura di Bologna a subire le critiche più serrate dai famigliari delle 85 vittime della strage alla Stazione del 2 agosto 1980: critiche anche molto dure che in questi anni hanno dato contro ai magistrati che hanno condotto i processi contro i responsabili della Strage, accusando la Corte di non voler “volutamente” scoprire tutta la verità riguardo la bomba alla stazione bolognese. «Io pretendo il rispetto delle posizioni che si assumono, perché la critica è una cosa, mentre il voler attribuire ad altri superficialità valutativa francamente non mi sembra una cosa corretta, quando poi l’impegno dell’ufficio c’è stato», afferma il Procuratore attuale di Bologna, Giuseppe Amato, lasciando Palazzo D’Accursio prima del corteo “per non dimenticare”. A chi richiede con forza la riapertura del fascicolo e del processo, lo stesso Procuratore ha replicato così: «Noi abbiamo fatto le nostre scelte che non sono irrevocabili e definitive. Ognuno deve fare il suo lavoro: la storia è una cosa, la giustizia un’altra. Il rispetto che si deve avere anche nei confronti delle vittime è quello di dare una risposta. E la risposta è che quando non ci sono elementi processualmente spendibili bisogna avere il coraggio di chiudere, perché diversamente opinando si creano false illusioni, alibi, situazioni di incertezza che non sono accettabili. Se ci saranno altri elementi concretamente sviluppabili saremo i primi ad aprire nuovamente il fascicolo». (agg. di Niccolò Magnani)
STRAGE DI BOLOGNA 2 AGOSTO: IL TERRORISMO, IL DEPISTAGGIO, IL RICORDO
L’OMELIA DELL’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA
L’arcivescovo di Bologna, Mons. Matteo Zuppi ha celebrato questa mattina la Santa Messa in Suffragio per il 37esimo anniversario della Strage di Bologna: durante la predica molto importanti sono state le parole dedicare sia alle famiglie delle vittime che alle stesse autorità che in questi anni hanno cercato di arrivare ad un “punto” finale della lunghissima inchiesta. «Vi invito a dare e trovare una consolazione aiutando gli altri, amando il nostro Paese e la casa comune che è il mondo intero, cercando che non accada più e ricordando che c’è una strage della stazione ogni giorno in quella guerra a pezzi che tante forze del male hanno causato e alimentano!», riporta l’AgenSir con le parole della predica tenuta da Mons. Zuppi. «Convertirsi significa costruire ponti, cercare sempre la via del dialogo e non accettare mai muri che separano e fanno crescere le radici dell’odio. Convertirsi è non tollerare nessuna complicità con il male, come, ad esempio, la corruzione, la logica mafiosa che inizia con il sottile piegare il pubblico all’interesse personale o alla convenienza, economica, di ruolo, di considerazione. Convertirsi vuol dire non smettere di provar orrore di fronte al male, qualsiasi esso sia, anche in luoghi di cui non sappiamo nulla e costruire una convivenza giusta, anzitutto compiendo il proprio dovere», ha tuonato ancora l’Arcivescovo ricordando l’orrore di quella strage rimasta, forse, ancora impunita. «Chiediamo al Signore non arrenderci mai alla logica del male, a saperlo riconoscere e combattere con la forza e l’intelligenza dell’amore, scegliendo sempre la via della solidarietà. onvertirsi significa non sciupare le opportunità, non ingannare con mezze verità, con la furbizia, prendendo in giro con parole vuote e promesse che sappiamo non mantenere. Convertirsi significa anche cercare sempre e comunque il bene comune». (agg. di Niccolò Magnani)
PROTESTA FAMIGLIE VITTIME CONTRO IL GOVERNO
37 anni dopo il dolore per i famigliari delle vittime nella Strage di Bologna, purtroppo, non è finito: le verità non celate, i processi conclusi e le piste non seguite fanno della bomba alla stazione bolognese una delle stragi italiane più “polemizzate” e ancora senza una vera conclusione “reale”. Per questo motivo, e per gli ultimi anni di promesse non mantenute, i famigliari delle vittime questa mattina a Palazzo Accursio per segno di protesta hanno abbandonato l’aula del Comune quando ha iniziato a parlare il Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. «Non abbiamo niente contro Galletti – ha detto il presidente dell’Associazione Famigliari Vittime Paolo Bolognesi – ma rappresenta un governo scorretto. E’ un’associazione che rispetta le istituzioni, però le istituzioni non ci rispettano», ha sostenuto Bolognesi fuori dall’aula davanti ai cronisti. Il motivo è da ricercare in realtà nella famosa “direttiva” del Governo Renzi in cui si cercava di rendere digitalizzato tutto l’archivio processuale relativo alla Strage di Bologna: «Abbiamo ritenuto che la direttiva di Renzi fosse importante per arrivare alla verità, in modo che le carte venissero desecretate e che tutti potessero leggerle. Ma i nomi non ce li danno. I ministri Orlando e Franceschini, nel 2015, hanno fatto una convenzione con gli archivi per digitalizzare tutte le carte dei processi. Non hanno digitalizzato un foglio. E allora ci siamo arrabbiati, una sana arrabbiatura in difesa della democrazia», ha spiegato Bolognesi di fronte alla decisione di voltare le spalle al governo mentre nella persona di Galletti ha preso parola in questo anniversario del 2 agosto 1980.
LA VERSIONE DI GIOVANNI LINDO FERRETTI
L’anniversario della strage di Bologna porta sempre alla luce tesi revisioniste e complottiste di personaggi che spesso vogliono dare una chiave di lettura alternativa a quella che resta una delle stragi più crudeli ed efferate della storia della Repubblica. Il cantante Giovanni Lindo Ferretti, che pur essendo della provincia di Reggio Emilia ha trascorso a Bologna una parte significativa della sua gioventù e della sua vita quando era leader del famoso gruppo CCCP, è tornato a far sentire la sua voce in merito. E facendo discutere, affermando di essere convinto che non furono i fascisti a provocare la strage, dicendosi mai convinto delle ricostruzioni che addossavano la colpa di quanto accaduto a Bologna ai movimenti eversivi di destra, e in particolare ai NAR di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro. Lindo Ferretti parla delle tensioni che all’epoca esistevano tra l’Italia e gruppi palestinesi, una ricostruzione possibile sulla quale secondo il cantante non si è mai indagato abbastanza. (agg. di Fabio Belli)
BOMBA ALLA STAZIONE E QUELL’OROLOGIO FERMO ALLE 10.25
Erano le 10:25 del 2 agosto 1980: una valigia contenente 23 kg di tritolo e gelatinato esplodeva nella stazione ferroviaria. Si era appena consumata la strage di Bologna. Ancora oggi, a distanza di 37 anni, quell’attentato viene ricordato come il più grave della storia italiana del dopoguerra. Di certo, è stato il più sanguinoso, con 85 vite spezzate e oltre 200 persone ferite o rimaste mutilate. L’ordigno a tempo era stato nascosto all’interno di un bagaglio abbandonato nella sala d’aspetto riservata ai passeggeri della seconda classe. La violenza dell’esplosione provocò il crollo dell’ala ovest della ferrovia, ma l’onda d’urto distrusse anche parte della pensilina dei treni e l’area riservata al parcheggio dei taxi. L’orologio era fermo, è vero, trafitto anche lui dalla violenza di quell’attacco codardo, ma ai bolognesi non servì troppo tempo per capire che era arrivata l’ora di agire. Furono normali cittadini ad impegnarsi per primi nei soccorsi, furono coraggiosi eroi comuni a salvare persone, a coordinare il trasporto dei feriti nei vicini ospedali. Furono i medici e gli infermieri a rientrare dalle ferie, a riaprire i reparti chiusi, a garantire accoglienza da chi una mattina normale voleva solo prendere il treno e si è ritrovato coinvolto in una strage vigliacca, che per quanto gli anni passano non potremo mai dimenticare. Forse è per questo, che l’orologio si è fermato: per chiarire a tutti che neanche il tempo avrebbe potuto cancellare la strage di Bologna.
GLI ESECUTORI E I MANDANTI
Come spesso avviene dinanzi ad avvenimenti di questa portata, ancora oggi non si può dire con certezza chi abbia voluto la strage di Bologna. Certo la giustizia ha chiarito con una condanna il coinvolgimento di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, “come appartenenti alla banda armata che ha organizzato e realizzato l’attentato di Bologna” e per aver “fatto parte del gruppo che sicuramente quell’atto aveva organizzato”; ai due, condannati con una sentenza del 1995, nel 2007 si aggiunse anche Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca dei fatti. Il gruppo era riconducibile agli ambienti di estrema destra appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari, formazione terroristica formatasi a Roma d’ispirazione neo-fascista. I mandanti di quell’operazione sono rimasti sconosciuti, ma furono accertate contaminazioni con la criminalità organizzata e i servizi deviati. Non è un caso, infatti, che le indagini abbiano dovuto fare i conti con diversi depistaggi, che volevano accreditare la pista estera, per i quali furono poi condannati Licio Gelli, Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza.
POLEMICHE PER LA COMMEMORAZIONE
Dopo la recente richiesta di archiviazione per le indagini sui mandanti della strage di Bologna, il presidente dell’organizzazione dei parenti delle vittime, Paolo Bolognesi, ha ribadaito la volontà di non accettare membri delle istituzioni alle commemorazioni del 2 agosto. Le ragioni dell’astio sono anche da rintracciare nel mancato risarcimento da parte dello Stato e dalla tanto attesa, e mai avvenuta, desecretazione di alcuni “X-Files” sulla strage. In questo senso, come riferito da Il Resto del Carlino, ha invocato un clima distensivo il sindaco di Bologna, Virginio Merola:”Il terrorismo è un tema della nostra memoria, sulla quale lavoriamo nelle scuole tutto l’anno, ma anche tragicamente attuale e auspico che le celebrazioni si svolgano senza contrapposizioni, alla presenza di tutte le autorità invitate, e che gli impegni che il Governo si è assunto vengano rispettati”. Da parte sua, però, Bolognesi non pare intenzionato a fare passi indietro:”Non ho cambiato idea e i rappresentanti del Governo restano sgraditi, mentre per quanto riguarda la presenza della Procura (che ha già annunciato non ci sarà, ndr) non abbiamo alcun problema”.
L’OROLOGIO E IL BUS 37
I simboli della strage di Bologna sono soprattutto due: l’orologio fermo alle ore 10:25 e il bus 37. Fu proprio questa linea, nelle ore successive all’attentato, quella maggiormente impiegata per garantire il trasporto di diversi feriti in ospedale. L’autobus 37, matricolato 4030, si trasformò invece in un carro funebre, pronto a portare i morti fino all’obitorio. Eroe di quella giornata il suo autista, Agide Melloni, che ricordando quella giornata si commuove ancora:”Cosa potevo fare io se non il mio lavoro?” dice in un video pubblicato sulla pagina Facebook dell’Assemblea legislativa Emila-Romagna. “Dopo 37 anni, è ancora forte questa cosa. Questa è una cosa che ce l’hai tu, non è facile fare capire a chi ti ascolta. Però il tempo passa e allora arrivi a un certo punto che ti chiedi, visto che le generazioni cambiano e i giovani non hanno vissuto la drammaticità di quella, se puoi fare qualcosa per non farla cadere la memoria“.