Chiude un altro marchio storico del made in Italy e, a meno di clamorose sorprese, il fallimento della Melegatti segnerà una grave ferita non solo dal punto di vista occupazionale ma anche d’immagine per una delle realtà storiche del tessuto imprenditoriale veneto, anche perché nota in tutto il mondo. Tra i primi a scendere a fianco dei lavorati dell’azienda sono state ovviamente le sigle sindacali, tra cui la UGL che attraverso le parole del suo segretario generale, Paolo Capone, ha parlato alla stampa di “grande sconfitta per una fabbrica che è leader nel mercato dolciario a livello internazionale”. Secondo il numero uno della UGL, infatti, il fallimento arriva in un momento di grande incertezza politica per il Pese, sottolineando che i diversi soggetti intervenuti per scongiurare questo triste esito forse non sono stati in grado di portare a termine questa missione: “Ora è necessario valutare in maniera scrupolosa i nuovi piani industriali con l’intento di riavviare il ciclo produttivo”. (agg. di R. G. Flore)
VALDEGAMBERI, “NON VOLEVANO LA FERRERO?”
Verona, il Tribunale ha dichiarato il fallimento della Melegatti nella giornata di ieri. L’appello dei dipendenti è stato seguito dalla Regione Veneto, con il consigliere Stefano Valdegamberi (Lista Zaia) che si è speso in prima persona per il salvataggio della storica azienda dolciaria. Come riportato da Tg Verona, il politico ha commentato così il triste epilogo: “Sono amareggiato perché l’unica proposta che poteva salvare e rilanciare l’azienda è sempre stata rifiutata prima dall’azienda e alla fine rifiutata anche dal Tribunale”. Prosegue Stefano Valdegamberi: “C’erano sul tavolo oltre 20 milioni, un piano industriale per il rilancio il tutto buttato alle ortiche, distruggendo la storia di questa azienda simbolo del nostro territorio. Melegatti la si è voluta distruggere e anche il Tribunale ha fatto la propria parte, facendo pagare di fatto le colpe ai lavoratori e non ai diretti responsabili. E’ una fine vergognosa che fa rifletterete e mi lascia molti dubbi perché la verità è una sola: l’intervento di questo fondo (che ha salvato molte imprese in crisi) Verona non l’ha mai voluto. Perché? Forse perché aveva dei contratti con la Ferrero?”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
L’APPELLO DEI DIPENDENTI
La Melegatti è fallita, libri in Tribunale per la storica azienda di Verona. Una conclusione amara dopo mesi di difficoltà, con i lavoratori del gruppo dolciario che hanno deciso di rivolgere un appello al giudice: la richiesta è quella di concedere una proroga per un eventuale concordato che salverebbe la società, oppure accogliere la richiesta di fallimento. In ballo il futuro di 350 famiglie: la richiesta fatta arrivare al giudice è quella di fornire un aiuto ai dipendenti, tenendo separato il giudizio sull’operato degli amministratori da quello che si ripercuoterà sulla pelle dei dipendenti. Vi abbiamo riportato alcuni passaggi della lettera firmata dai lavoratori, che conclude così: “Ci permetta di continuare a conservare la nostra dignità, a mantenere inalterato l’orgoglio di lavorare per questa grande Azienda e di continuare ad avere un futuro per noi e per le nostre famiglie”. (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
MELEGATTI E’ FALLITA
Alla fine, il pandoro non solo non lo mangeremo il prossimo Natale ma proprio non lo mangeremo più: la storica Melegatti è infatti stata dichiarata fallita oggi 29 maggio 2018 dal Tribunale di Verona, con annesso fallimento anche della “Nuova Marelli” di San Martino Buon Albergo, la controllata della storica ditta di pandori veronese. Si chiude dopo mesi la tormentata e drammatica vicenda legata alla azienda originaria di San Giovanni Lupatoto: il pubblico ministero aveva richiesto i libri contabili per il fallimento e oggi il Tribunale ha accolto l’istanza una constata la forte e “pesante situazione debitoria”. Crac-Melegatti dal punto di vista economico, con le ultime stime che parlano di circa 50 milioni di euro di debito, ma soprattutto dal lato dei lavoratori che in 350 perdono così il proprio posto di operai e dipendenti dell’azienda veronese. Non basta la fortissima campagna di solidarietà lanciata prima del Natale 2017 – #NoiSiamoMelegatti – con interventi di politici, attori, vip che sui social si scatenarono sul salvataggio della storica Melegatti, e non basta il fondo americano D.E. Shaw & C che aveva presentato un piano di salvataggio nelle scorse settimane per un investimento di 20 milioni di euro per rilanciare il marchio fondato da Domenico Melegatti nel 1894, dopo aver presentato il brevetto del pandoro.
INASCOLTATO L’APPELLO DEI DIPENDENTI
Questa mattina con una inserzione a pagamento sui media i lavoratori della Melegatti avevano lanciato un ultimo disperato appello per chiedere di separare i il giudizio sulle responsabilità degli amministratori dalle strade che potrebbero dare un futuro all’azienda per la quale il fondo Usa. «Vogliamo dire la nostra (…) rappresentiamo la parte onesta, credibile e seria, noi siamo coloro che fino ad oggi con dignità, sacrificio e senso del dovere hanno mantenuto in vita l’anima dell’azienda, il suo lievito madre e allo stesso modo stiamo tenendo in vita la speranza», si legge nella prima parte della missiva inviata al giudice di Verona dai dipendenti Melegatti, che poi aggiungono «Oggi ci può essere un domani solo grazie all’unica, credibile, seria e determinata proposta arrivata dal fondo americano De Shaw & Co, che da oltre un anno sta alacremente lavorando per questo e che inspiegabilmente non è stato preso in considerazione chiediamo di aiutarci separando il giudizio sull’operato degli amministratori, da quello sul futuro di 350 famiglie», si conclude la missiva, riportata da Fanpage. Purtroppo, tutto inutile con i libri portati in Tribunale nei prossimi giorni che decreteranno anche l’effettivo a livello pratico fallimento della storica ditta di pandori.